Alla guida de l'Unità, giornale fondato ad Antonio Gramsci, è ieri arrivata Concita De Gregorio.
Sebbene il cambio di direzione non sia stato del tutto chiaro e comprensibile, si ha molta fiducia in lei, alla guida del più importante giornale della sinistra italiana, in un momento appunto in cui di sinistra c'è ben poco nel Paese.
Se c'è un augurio che si può fare, è che l'Unità possa continuare a essere e accentui il ruolo di punto di confronto e di elaborazione di tutto il pensiero progressista italiano.
Detto ciò, riporto un paragrafo che ho apprezzato particolarmente del primo editoriale del nuovo direttore.
"Non è irrimediabile, però. È venuto il momento di restituire ciò che ci è stato dato. Prima di tutto la mia generazione, che è stata l’ultima di un tempo che aveva un futuro e la prima di quello che non ne ha più.
Torniamo a casa, torniamo a scuola, torniamo in battaglia: coltivare i pomodori dietro casa non è una buona idea, metterci la musica in cuffia è un esilio in patria. Lamentarsi che “tanto, ormai” è un inganno e un rifugio, una resa che pagheranno i bambini di dieci anni, regalargli per Natale la playstation non è l’alternativa a una speranza.
“Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza”, diceva l’uomo che ha fondato questo giornale. Leggete, pensate, imparate, capite e la vita sarà vostra. Nelle vostre mani il destino.
Sarete voi la giustizia. Ricominciamo da qui. Prendiamo in mano il testimone dei padri e portiamolo, navigando nella complessità di questo tempo, nelle mani dei figli. Nulla avrà senso se non potremo dirci di averci provato."
Saremo noi la Giustizia.
Sebbene il cambio di direzione non sia stato del tutto chiaro e comprensibile, si ha molta fiducia in lei, alla guida del più importante giornale della sinistra italiana, in un momento appunto in cui di sinistra c'è ben poco nel Paese.
Se c'è un augurio che si può fare, è che l'Unità possa continuare a essere e accentui il ruolo di punto di confronto e di elaborazione di tutto il pensiero progressista italiano.
Detto ciò, riporto un paragrafo che ho apprezzato particolarmente del primo editoriale del nuovo direttore.
"Non è irrimediabile, però. È venuto il momento di restituire ciò che ci è stato dato. Prima di tutto la mia generazione, che è stata l’ultima di un tempo che aveva un futuro e la prima di quello che non ne ha più.
Torniamo a casa, torniamo a scuola, torniamo in battaglia: coltivare i pomodori dietro casa non è una buona idea, metterci la musica in cuffia è un esilio in patria. Lamentarsi che “tanto, ormai” è un inganno e un rifugio, una resa che pagheranno i bambini di dieci anni, regalargli per Natale la playstation non è l’alternativa a una speranza.
“Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza”, diceva l’uomo che ha fondato questo giornale. Leggete, pensate, imparate, capite e la vita sarà vostra. Nelle vostre mani il destino.
Sarete voi la giustizia. Ricominciamo da qui. Prendiamo in mano il testimone dei padri e portiamolo, navigando nella complessità di questo tempo, nelle mani dei figli. Nulla avrà senso se non potremo dirci di averci provato."
Saremo noi la Giustizia.
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