E mentre la giornata sta per finire, nel 65° anniversario della
Liberazione, il pensiero va a tutti coloro, partigiani e non, che hanno
lottato per un'Italia libera e più giusta... Un pensiero anche al compagno Alberto Cesa, autore della splendida canzone "Partigiano", e di cui si era avuto modo di apprezzare la grande disponibilità, che ieri s'è scoperto c'aveva lasciato, ancora a gennaio.
Nella foto, l'elenco dei compagni caduti della Brigata Garibaldina Antonio Gramsci.
Una delle più belle canzoni sulla Resistenza. Il testo è stato inviato personalmente dall'autore Alberto Cesa, gentilissimo.
C'era una volta un ponte difficile da traversare un ponte che separava l'uccidere e l'amare ma gli uomini che han conquistato di forza la sponda buona oggi son suoni inutili una musica che non funziona.
E c'era un'altra volta un tempo, un tempo meno scemo che i giovani cercavano, io non ero da meno dai vecchi di capire quello che non andava quello che tra i libri e il cuore come fuoco li divorava.
E' così che son partito un giorno come tanti con la chitarra in spalla con gli occhi aperti e attenti a ricercare i suoni e i ritmi del passato di quello che da bravi avevamo ben studiato.
Così mi trovai in montagna con un vecchio partigiano davanti a del buon vino e al ricordo, ormai lontano dei suoi anni più belli della sua grande occasione dei giorni della lotta diventati una canzone.
E il suo canto partì deciso come i canti della sua terra con voce forte e fiera come i suoi passi di guerra, E il suo canto partì deciso come i canti della sua terra con voce forte e fiera come i suoi passi di guerra.
E ogni nota era dolcezza malinconia rabbia e rancore il rancore dei vent'anni ribelli per amore gettati a muso duro nel fuoco oltre quel ponte per colorare invano di rosso l'orizzonte.
E il mio canto lo seguiva ma era timido come di un bambino mi usciva dalla gola strozzato e ballerino mentre il suo sguardo allegro a poco a poco si intristiva riattraversando il sogno che sul nascere moriva.
Ma canta con più forza non starci più a pensare con la chitarra in mano hai tanto da gridare e allora grida forte per chi non l'ha ancor capito che il partigiano ha vinto e l'Italia lo ha tradito.
Era già notte fonda e il vino ci scaldava era la prima volta che la mia voce andava decisa insieme al canto rabbioso e popolare di chi senza aver niente questo mondo provò a cambiare.
E poi dopo vent'anni musicante di mestiere lassù son ritornato e lo volli rivedere e andai all'osteria di quel giorno lontano ma c'era un bar moderno in stile americano.
E i tavoli il bancone le sedie ed i bicchieri i jeans ed i giubbotti i clienti e i camerieri le facce i tramezzini i discorsi i sorrisini erano alla moda firmati e un po' cretini.
E intorno nella valle c'era un silenzio disperato non c'era neanche l'ombra del suo grande passato e quella vecchia voce anche lei se n'era andata solo da un anno morta da mille ormai scordata.
E allora m'è scoppiato nel cuore e nel cervello il ricordo di quel canto adesso ancor più bello coi miei quattro compagni come un coro di marziani abbiam rispolverato quei versi proprio strani.
E di nuovo le montagne dopo quel colpo di mano ritornarono a scandire come nel tempo lontano dalle balze alle pendici dalle cime fino al piano il passo duro e cadenzato di quel vecchio partigiano.
E ogni nota era un fucile puntato dritto al cuore di quell'insopportabile indifferenza senza amore puntata contro il grugno dell'imbecillità rinata laccata qualunquista e telecomandata.
E il suo canto tornò deciso come i canti della sua terra con voce forte fiera come i suoi passi di guerra lo so che non serve niente ma sarà dura a morire l'eco della montagna anche per chi non vuol sentire.
E allora canta ancora non starci su a pensare con la chitarra in mano hai tanto da gridare e allora grida forte per chi non l'ha ancor capito che il partigiano ha vinto e l'Italia lo ha tradito!