Ok, partiamo dal dato che oggettivamente il movimento di protesta nelle università italiane ha mancato i suoi scopi. In primis per una mobilitazione protrattasi troppo a lungo, con un Governo che è rimasto irremovibile e indifferente a buona parte delle critiche.
In secondo luogo, i punti critici del movimento sono stati la scarsa unitarietà e uno spesso sbagliato rapporto con la politica.
Unità - A parte eccezioni personali, le associazioni di centrodestra a Perugia ad esempio hanno anteposto motivazioni ideologiche alla critica oggettiva, rimanendo defilate se non contrarie alla lotta contro la 133. E i due gruppi organizzati a Perugia attivi nella protesta, l'Udu e gli Autoconvocati, si sono troppo spesso divisi (col tacito boicottaggio delle manifestazioni organizzate dai "rivali") con motivazioni piuttosto strumentali. Con una certa sufficienza da parte dell'Udu, e un'ostilità spesso preconcetta (sfociata in episodi piuttosto sgradevoli, come la cagnara del 28 ottobre al Rettorato) da parte degli Autoconvocati verso organizzazioni di tipo sindacale e l'idea di rappresentanza propria dell'Udu.
Politica - Idea sbagliata, ma molto diffusa nel movimento, è stata la confusione tra politicità e partiticità della protesta. Giungendo quasi a teorizzare che l'unica protesta buona fosse quella di matrice apolitica (portata poi spesso avanti ipocritamente da soggetti che tutto sono meno che apartitici e realmente autonomi...). A prescindere che personalmente sono del parere che anche ai cortei più si è meglio si sta, e se aderiscono venissero pure tutti i partiti che vogliono, sarebbe stata cosa buona giusta, e punto di forza della protesta, la partecipazione più larga possibile, di qualsiasi idea si sia, uniti nella lotta per un obiettivo comune: io militante di sinistra, che lotto contro la 133 e al contempo contro il governo di destra, il ragazzo di Azione Universitaria che si rende conto che il "suo" governo sta portando avanti una legge sbagliata, l'accademico, il tesoriere dell'Ateneo preoccupato per l'insostenibilità finanziaria dei provvedimenti. Per arrivare infine a tutta la retorica "romana" movimentista, dell'irrappresentabilità dell'Onda e degli studenti, della separazione dalle forze sindacali in quanto "istituzionali". E così si veda il 14 novembre a Roma, con la ghettizzazione delle associazioni organizzate quali le Udu e la scelta voluta di non entrare in contatto neanche fisicamente col corteo dei lavoratori. Risultato di tutto ciò: poco e niente. Il movimento studentesco si è isolato, la tensione è scesa, e si è persa un'occasione irripetibile anzitutto di battere il governo sulla 133, di coinvolgere finalmente tutta la popolazione studentesca e di riformare seriamente l'Università italiana, e in secondo luogo di essere la scintilla insieme al mondo del lavoro di una stagione di lotta contro quello che si potrebbe chiamare il "riflusso conservatore".
In secondo luogo, i punti critici del movimento sono stati la scarsa unitarietà e uno spesso sbagliato rapporto con la politica.
Unità - A parte eccezioni personali, le associazioni di centrodestra a Perugia ad esempio hanno anteposto motivazioni ideologiche alla critica oggettiva, rimanendo defilate se non contrarie alla lotta contro la 133. E i due gruppi organizzati a Perugia attivi nella protesta, l'Udu e gli Autoconvocati, si sono troppo spesso divisi (col tacito boicottaggio delle manifestazioni organizzate dai "rivali") con motivazioni piuttosto strumentali. Con una certa sufficienza da parte dell'Udu, e un'ostilità spesso preconcetta (sfociata in episodi piuttosto sgradevoli, come la cagnara del 28 ottobre al Rettorato) da parte degli Autoconvocati verso organizzazioni di tipo sindacale e l'idea di rappresentanza propria dell'Udu.
Politica - Idea sbagliata, ma molto diffusa nel movimento, è stata la confusione tra politicità e partiticità della protesta. Giungendo quasi a teorizzare che l'unica protesta buona fosse quella di matrice apolitica (portata poi spesso avanti ipocritamente da soggetti che tutto sono meno che apartitici e realmente autonomi...). A prescindere che personalmente sono del parere che anche ai cortei più si è meglio si sta, e se aderiscono venissero pure tutti i partiti che vogliono, sarebbe stata cosa buona giusta, e punto di forza della protesta, la partecipazione più larga possibile, di qualsiasi idea si sia, uniti nella lotta per un obiettivo comune: io militante di sinistra, che lotto contro la 133 e al contempo contro il governo di destra, il ragazzo di Azione Universitaria che si rende conto che il "suo" governo sta portando avanti una legge sbagliata, l'accademico, il tesoriere dell'Ateneo preoccupato per l'insostenibilità finanziaria dei provvedimenti. Per arrivare infine a tutta la retorica "romana" movimentista, dell'irrappresentabilità dell'Onda e degli studenti, della separazione dalle forze sindacali in quanto "istituzionali". E così si veda il 14 novembre a Roma, con la ghettizzazione delle associazioni organizzate quali le Udu e la scelta voluta di non entrare in contatto neanche fisicamente col corteo dei lavoratori. Risultato di tutto ciò: poco e niente. Il movimento studentesco si è isolato, la tensione è scesa, e si è persa un'occasione irripetibile anzitutto di battere il governo sulla 133, di coinvolgere finalmente tutta la popolazione studentesca e di riformare seriamente l'Università italiana, e in secondo luogo di essere la scintilla insieme al mondo del lavoro di una stagione di lotta contro quello che si potrebbe chiamare il "riflusso conservatore".