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24 aprile 2013

Le dimissioni di Bersani

All'indomani delle dimissioni ufficiali, solidarietà nei confronti di Bersani.
Che di cavolate nel corso della sua segreteria ne ha fatte tante, a partire dalla continua rincorsa dei centristi, dal 2009 fino al giorno delle elezioni, ma è sempre rimasto una persona perbene, onesta e leale, e rispettosa dell'idea di un partito come comunità.
E bisogna rendergli atto dell'impegno profuso, dopo il voto, per cercare di formare un governo che, seppure a termine, fosse concretamente di cambiamento. Purtroppo il tentativo è fallito, tra i parlamentari grillini, dimostratisi finora una manica di cialtroni incompetenti, proni alle ubbie e allo sfascismo del capo, e il latente boicattaggio sia da parte di Napolitano, che soprattutto da gran parte del suo stesso partito, già proiettato alla resa dei conti congressuale e alla liquidazione del segretario: PD nel quale è emersa palese la larghissima componente contraria a ogni prospettiva a sinistra, la stessa componente che rivendica e vuole assoluta continuità con l'esperienza montiana e da oggi è in prima fila a spiegarci l'ineluttabilità e la convenienza del probabile governo Letta.
E l'errore sulla Presidenza della Repubblica è stato anche il frutto della ormai avvenuta delegittimazione della leadership interna di Bersani.
Non meritava di finire così.

Sempre sull'elezione del Presidente della Repubblica, dopo la rielezione di Napolitano

I dati - stranamente resi pubblici - dei voti espressi alle "quirinarie" grilline, se da un lato sono altamente significativi per il valore della presunta "democrazia diretta" del M5S, che si riduce, se dice bene, in un sondaggio, e condotto su un campione molto scarsamente rappresentativo, d'altro canto porca miseria, rende ancora più pesante il fatto che, con un Rodotà terzo, con manco 5mila preferenze, il Partito Democratico si sia lasciato drammaticamente travolgere, senza riuscire a rispondere e cercando di ignorare quello che fino ad ora dopo le elezioni è stato l'unica vera mossa politica del M5S.
Ah, non lo si era scritto, ma forte contrarietà nei confronti della rielezione di Giorgio Napolitano. Stima per l'indubbia caratura (altro che la caricatura del "Morfeo"...), ma troppo nell'ultimo anno e mezzo il decisionismo, le forzature, le scelte dannose che ha di fatto riuscito a imporre.

19 aprile 2013

Dimissioni di Bersani e disastro del centrosinistra, a caldo

A caldo.
Senza parole per commentare i tanti nel PD che in questi due mesi hanno lavorato per meri interessi correntizi, giocando (in larga compagnia, trasversale in molti partiti) con le sorti del Paese e portando allo spettacolo indecente e al disastro di questi giorni.
Ai tanti compagni e amici democratici, di cuore: questa storia è finita. E' ora di voltare pagina, riconoscere gli errori fatti in questi anni (tutti, non mi escludo), e costruire assieme finalmente una Sinistra utile per l'Italia.

18 aprile 2013

La scelta di Marini

Cercando di fare un po' il punto, all'inizio delle votazioni per la Presidenza della Repubblica, sulla scelta annunciata dal PD di candidare Franco Marini, in convergenza con Scelta Civica di Monti e il centrodestra berlusconiano, e la rivolta e le furiose polemiche scatenatesi.
Quello che più lascia allibiti e perplessi, è la dimostrazione data dalla dirigenza del PD dell'assoluta incapacità di cogliere lo spirito del tempo, specie quello che attraversa il bacino elettorale, reale e potenziale, del centrosinistra. In sé, la scelta di Marini, o di altri di cui si è fatto il nome in questi giorni, non è certo sbagliata o irrazionale: persone di esperienza, fuori ormai dal centro del contendere politico, tali da potere pertanto assumere un ruolo di garanti super-partes e di raccogliere, come sarebbe opportuno, una larga maggioranza trasversale (e, by the way, conti alla mano una maggioranza per la presidenza della Repubblica PD+montiani+centrodestra sarebbe largamente più ampia e rappresentativa di PD+SEL+M5S). In un altro contesto storico-politico, fino a pochissimi anni fa, sarebbero stati dei potenziali candidati indubbiamente validi e realistici.
Ma non oggi, in questo contesto politico, anche nel modo in cui oggi si forma l'opinione pubblica. Marini personalmente resta un probabile buon candidato alla Presidenza, ma è una candidatura profondamente sbagliata. Non ci voleva una scienza, specie dopo la presidenziabilità espressa dai grillini su Rodotà, nome su cui tutta la sinistra e il centrosinistra poteva essere ampiamente convergente, per capire che la scelta di Marini sarebbe stata dilaniante, per l'alleanza di centrosinistra, e per lo stesso PD in primis.
In nome probabilmente anche di comprensibili e volendo condivisibili logiche istituzionali, ma la dirigenza democratica ha scientemente imboccato una via suicida.
Vediamo che succede oggi, che tutti gli scenari sembrano aperti. Quello che però ormai pare indubbio, è la totale assenza di prospettive del Partito Democratico. La leadership bersaniana è ormai irreversibilmente finita, delegittimata prima dall'esito del voto, poi dal continuo smarcarsi e le polemiche interne, infine l'oggettivo errore della scelta di Marini; sui territori, la situazione è comatosa; le componenti interne si combattono da posizioni tra loro antitetiche, e per di più viziate spesso da mero politicismo; la dirigenza si è dimostrata largamente inadeguata alla emergenzialità del periodo presente.
Alla luce di tutto ciò, infine, lo si ripete. Se alla fine della fiera, questa comunque fosse la volta buona che zompasse il PD, liberando persone, idee, mezzi, voti utili per costruire finalmente qualcosa di utile a sinistra, beh, lunga vita a Marini.

17 aprile 2013

Renzi sulle scelte "confessionali"

Tralasciando per ora ogni commento sulla vocazione suicidataria dimostrata dal PD (anche se, se fosse la volta buona che potesse servire a farlo zompare, non tutti i mali verrebbero per nuocere...), un passo indietro.
Mica diceva male Renzi, prendendosela con la scelta "confessionale" del Presidente della Repubblica.
Solo che fa un po' specie sentirlo dire da lui, dopo che è arrivato, al momento di riaprire le ostilità dopo il voto, persino a strumentalizzare le dimissioni di Ratzinger per i propri giochi di potere nel PD.