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31 marzo 2013

Governo Monti a oltranza, fuori dalla democrazia e dalla Costituzione

La scelta fatta da Napolitano è una vergogna antidemocratica e fuori dalla Costituzione.
Un governo, quello di Monti, già all'epoca praticamente imposto, e oggi privo completamente, all'esito del voto, di qualsiasi legittimazione democratica, che viene prorogato a oltranza oltre i limiti dell'ordinaria amministrazione senza neanche un voto di fiducia, è fuori da qualsiasi prassi costituzionale. Abbinato al comitato dei "saggi", che praticamente sarebbe una sorta di surrogato del Parlamento, è come se si facesse finta che non ci siano state le elezioni, è un commissariamento a tutti gli effetti della nostra democrazia repubblicana.
E bisogna denunciarlo con forza.
Vergogna ai grillini, che o per malafede, o per stupidità, c'hanno riconsegnato il governo Monti e rimesso in pista la destra berlusconiana.
E non si venisse a dire che era l'unica strada, perché non è vero. Napolitano ha le sue forti responsabilità nel fallimento di Bersani, con richieste in partenza infattibili, e per non avere acconsentito che quantomeno si potesse confrontare in Parlamento, ai voti. O quantomeno, uno sforzo per trovare un nome per questi sei mesi, per indicare una personalità che avrebbe potuto guidare un governo "del presidente" di larghe intese, esattamente come ha fatto appunto a fine 2011 imponendo Monti.

5 ottobre 2012

DL sui costi della politica

Nel merito del decreto legge "taglia costi della politica", parrebbe essere ampiamente condivisibile.
Ma è abbastanza forte l'impressione che Monti e compagnia giochino a fare i ..... col culo altrui, nel qual caso dei partiti, che immancabilmente, salvo volontà suicide, si troveranno costretti a convertirlo senza poterlo assolutamente discutere. Ripeto, nel merito, pare essere tutta roba buona e giusta. 
Ma, stante che le elezioni si stanno avvicinando, e che tra i "tecnici" qualche ambizione anche sul futuro governo, a partire da Monti stesso, pare proprio che ci sia, questo modo di procedere, che scientemente scredita ulteriormente i partiti, propri potenziali competitors, finisce per essere piuttosto scorretto (al di là dell'eterno discorso dell'improbabile costituzionalità del decreto legge).

17 aprile 2012

La Costituzione violentata, il pareggio di bilancio è legge: VERGOGNA!

La Costituzione Italiana è stata violentata, con l'introduzione del pareggio di bilancio, rendendo norma costituzionale un principio ideologico, iperliberista e dannoso, che blinda ogni politica economica sovrana.
Nel disinteresse e nella disinformazione generale, e a maggioranza qualificata, ben oltre i 2/3, così da rendere impossibile il ricorso al referendum confermativo. Vergogna a tutti i partiti che ne sono responsabili, in primo luogo il Partito Democratico, che ha votato compattamente a favore.
E che fine hanno fatto tutti i movimenti, i "Salviamo la Costituzione", Libertà e Giustizia, i girotondini, le campagne dei post-it? Il "radicalismo azionista", se così possiamo definirlo, antiberlusconiano, che ha plasmato largamente e in profondità l'identità della sinistra e del centrosinistra in questi anni, mostra oggi tutti i suoi limiti e vizi.

22 marzo 2012

Sull'art. 18 non ci si può passare sopra. Una "riforma" scellerata.

Sulla "riforma" del mercato del lavoro non ci si può passare sopra. Sto francamente, profondamente, incazzato.
Il Governo, con il testo che propone, cancella l'art. 18, punto. Non lo modifica, lo elimina proprio. Chiamando "riformismo" la reazione, il tornare indietro di 50 anni. Non ci si può passare sopra. E i corifei che ne tessono le lodi, dopo che hanno culturalmente spianato il terreno, sulle quattro sciocchezze che sarebbero state date "in cambio". Com'è che dicevano, che sarebbe stato fatto un unico contratto, 3 anni a tempo determinato, poi a tempo indeterminato? Eh già, parecchio. Tralasciando poi il punto di base, che d'ora in poi qualsiasi contratto, pretesamente a tempo indeterminato, viene precarizzato, permettendo di licenziare chiunque come e quando pare, con la scusa del motivo economico. 
Gente come Scalfarotto, che sta lì a fare il vicepresidente del Partito Democratico: ma si rende conto che sta parlando? La domanda è di partenza retorica, è piuttosto noto per esprimere i suoi dubbi politici sul web, anziché negli organismi dirigenti, ma sull'art. 18 si batte, quando esalta il fatto che, rivoluzionario, il Governo estende a tutti la tutela dal licenziamento discriminatorio. Com'è che recita l'art. 3 della legge 108 del 1990, sulla disciplina dei licenziamenti individuali? "1. Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie ai sensi dell'articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo 13 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, le conseguenze previste dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dalla presente legge. Tali disposizioni si applicano anche ai dirigenti. "
Ah, poi quando ci si appella ai principi costituzionali, "la sovranità del Parlamento". Sovranità del Parlamento. Che notoriamente si esprime infatti proprio con i decreti legge, o i voti di fiducia. Il Governo vuole approvare queste misure, e in specie sull'art. 18 non farà passi indietro o modifiche. Questo è, inutile girarci intorno. E per farlo, il provvedimento arriverà in Parlamento bloccato, appunto o per decreto legge (incostituzionale), o verrà approvato con voto di fiducia, senza permettere emendamenti sul punto.
Quindi. L'abolizione dell'art. 18 è un punto dirimente, una battaglia che non si può perdere. Bisogna porre un freno a un governo reazionario, di destra e dannoso. La Fornero. Scellerati. Nel Parlamento sovrano, il PD se volesse è in grado di bloccarlo. Hic Rhodus, hic salta.

9 febbraio 2012

"Meno della m...a"

Ok, Bracconi e commentatori a ruota c'hanno ragione, che in effetti sentire un deputato del PDL che adesso parla di dignità del Parlamento cancellata dai voti di fiducia, dopo i 3 anni e mezzo di governo berlusconiano, è abbastanza ridicolo. Ma ci sta poco da stare allegri. Il Governo Monti sta dimostrando, fin dalla sua nascita, un palese disprezzo, a stento mascherato da sufficienza, nei confronti del Parlamento, dei partiti e della politica in genere (e ampliando ulteriormente il campo, stesso atteggiamento lo si vede nelle relazioni sociali, nel preteso "dialogo con le parti sociali"), e sta andando avanti a forza di voti di fiducia, decreti legge privi spesso di qualsivoglia requisito di straordinaria necessità e urgenza. Nella sostanza, niente di già visto, ma stavolta accompagnato appunto dalla palese convinzione che il Parlamento, i partiti, i sindacati, sono qualcosa di assolutamente accessorio, formalità da sbrigare in fretta, mettendoli di fronte al fatto compiuto. 
"Il governo ci tratta meno della merda", ha detto tal Bianconi. Sarà pure ridicolo che sia uno come lui a dirlo, ma è oggettivamente vero. E non c'è niente di positivo in tutto: sarà pur vero che la classe politica attuale è penosa, e magari forse se lo meriterebbe anche, ma non è che se non è Berlusconi a farlo allora va tutto bene, o ce se ne può disinteressare. 
Ma nessuno, o quasi, pare averci qualcosa da ridire, complice il discredito generale della politica: avanti col prossimo decreto, ed intanto tutti soddisfatti a sbrodolarci con la copertina del Times con Monti.

23 gennaio 2012

Tra l'altro, quale legittimità costituzionale del "decreto liberalizzazioni"?

Senza starsi troppo a ripetere, le "liberalizzazioni" approvate per decreto venerdì sono in primo luogo estremamente risibili come misure "Cresci-Italia", ed è molto preoccupante che le idee che circolino, in Italia e in Europa, per rilanciare la crescita e l'occupazione si riducono in pratica a queste, e nient'altro. 
E nel merito stesso delle misure, ci sarebbe moltissimo da ridire, proprio sulla loro giustezza, oltre che sulla loro presunta efficacia sulla crescita economica. Ma tanto nel merito, anche a sinistra, ci si guarda bene dall'entrarci.
Misure buone per la propaganda e nulla più, che la parola "liberalizzazione", da sola, in Italia ha il potere di creare un acritico consenso.
Fa molto specie vedere come sul tema sia iniziata la grancassa sui mezzi di informazione, e come pare abbiamo la memoria corta sui durissimi provvedimenti recessivi e di tagli e tasse generalizzati approvati appena un mese fa.
Poi una questione che magari è secondaria, ma non è priva di importanza. Il fenomeno va avanti da anni, ma di certo con questo governo, complice il clima nel paese, è evidente la scarsissima considerazione che esso ha della politica, dei partiti e del Parlamento. Che finora s'è andati avanti, nel complessivo beneplacito popolare, per decreti e voti di fiducia. Ma nel caso di specie, quali sarebbero i presupposti costituzionali per l'emanazione di quest'ultimo decreto? Quali sarebbero, a norma dell'art. 77 c. 2 della Costituzione, i "casi straordinari di necessità e urgenza" che necessiterebbero e giustificherebbero l'aumento per decreto governativo del numero delle farmacie o l'abolizione delle tariffe professionali?

12 giugno 2011

Referendum vota 4 sì! (Scììì?!? Scììì!!!)

L'appello, in colpevole ritardo, è chiaramente di votare, e di votare SI' a tutti e quattro i referendum.
Non è che francamente i quesiti referendari siano argomenti che appassionino il sottoscritto in maniera esagerata (sul nucleare non sono a prescindere contrario, e dopo la porcata fatta col tentativo di cancellazione della norma fatta dal Governo, il quesito su cui si vota è un po' balordo, e tocca riconoscere che già la Corte Costituzionale ha ampiamente sterilizzato, rendendola nei fatti accettabile, la norma sul legittimo impedimento), però a votare stamattina ci si è andati convinti, che al di là del merito dei quesiti, questo referendum porta con sé una grande importanza politica, e rappresenta un'occasione da non perdere. A naso, l'aria è abbastanza positiva (e parrebbe confermata dai primi dati sull'affluenza), c'è un entusiasmo popolare per questo referendum e una trasversalità che non avevo mai avvertito in precedenti occasioni; certo è che, se anche questa volta non si riuscirà a raggiungere il quorum, una riforma costituzionale dell'istituzione referendaria si rende indispensabile.
Vabbe', insomma bardasci, tutti a votare, e chiudiamo con una esemplare sintesi politica (Scalfari impara!):


Scììì?!? Scììì!!!

21 aprile 2011

Parlamentaristi

Eccalla, non si è fatto a tempo a scrivere dell'escalation costante delle dichiarazioni e dei propositi eversivi di Berlusconi e maggioranza, che si alza su tale Ceroni, che propone la modifica del primo articolo della Costituzione, quando dichiara che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti e nelle forme previste dalla Costituzione stessa, con una statuizione iperparlamentarista, "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale".
Ok premesso che si tratta di una gran stronzata, comunque pericolosa per l'ennesimo precedente che si introduce, tocca dire che comunque sono alquanto curiosi, nella loro concezione delle istituzioni rappresentative. In sé, una dichiarazione sulla superiorità del potere legislativo, unico organo dotato di legittimazione popolare, può anche essere abbastanza condivisibile, diciamo che è un assunto di matrice storico/politica apertamente giacobina: solo, che è abbastanza grottesco che ripetute affermazioni della supremazia del Parlamento vengano fatte da qualche tempo a questa parte da gente che al contempo apertamente afferma il fastidio per i vincoli imposti dal procedimento legislativo, impone continui voti di fiducia, leggi delega, decreti, svuota di ogni dignità le Camere, ridotte a un'aperta compravendita di deputati.
Usiamo le stesse parole di Ceroni: "Visto che al momento non è possibile fare una riforma in senso presidenziale come vorrebbe Berlusconi, per ora ribadiamo la centralità del Parlamento troppo spesso mortificata, quando fa una legge, o dal presidente della Repubblica che non la firma o dalla Corte Costituzionale che la abroga. Occorre ristabilire la gerarchia tra i poteri dello Stato. Se c'è un conflitto, bisogna specificare quale potere è superiore". Visto che non possiamo dare tutti i poteri al "capo del governo", allora diciamo che il Parlamento, poiché braccio armato del premier e della sua volontà, è l'organo supremo...

25 giugno 2010

25 Giugno, sciopero generale!

Pieno sostegno allo sciopero generale proclamato dalla CGIL.
In sciopero contro la manovra finanziaria, senza sostegno all'occupazione, recessiva, di tagli che andranno a pesare soprattutto sulle classi già pesantemente colpite.
In sciopero contro gli attacchi ai diritti e alla dignità del lavoro, a Pomigliano, e con il cavallo di Troia delle proposte di modifica dell'art. 41 della Costituzione.

22 giugno 2010

Sangue amaro

Sarà brutto che la passione politica alle volte si riduca solo a rabbia? Però questa è l'unica cosa che ultimamente si riesce ad avere. Un nuovo ministero inventato per rincorrere la Lega e 'sta stronzata del federalismo, e per di più affidato a un uomo, Brancher, dal passato assai chiacchierato; la Fiat che oggi ha fatto votare il referendum ricatto a Pomigliano (che se anche fosse un buon accordo, senza un pesante aumento dei ritmi di produzione, privo dell'attacco alla contrattazione nazionale, al diritto di sciopero, non è questo il metodo, non si può dire, o si accetta la nostra proposta, senza modifiche, oppure niente investimenti e addio stabilimento... un'eccezione si dice... ma è dalle eccezioni che si parte per stravolgere le regole); il Governo che si inventa, tanto per distogliere l'attenzione dai vari casini, e per togliere un altro tassello all'idea di democrazia progressiva, alla "repubblica fondata sul lavoro" che sarebbe dovuta essere l'Italia, la storia per cui la libertà d'impresa sarebbe soffocata dall'articolo 41 della Costituzione. Rabbia, è questo quello che ti rimane, il doversi fare il sangue amaro.

14 novembre 2009

Autorizzazioni a procedere...

Dopo l'annunciata tetralogia di ricorrenze dell'ultima settimana, Rivoluzione d'Ottobre, Berlino, Arafat e Bolognina, sarà il caso di tornare un attimo all'attualità.
Il "processo breve". E' una misura vergognosa, non ci si può inventare provvedimenti di tale portata nel giro di un mese solo perché non si hanno altri mezzi per evitare un processo. A 'sto punto seriamente, costituzionalizziamo il Lodo Alfano o che so io, meglio una legge ad personam che stravolgere l'ordinamento ad personam.
Ma peggio ancora, la chiacchiera retorica che si sta facendo sull'immunità, cercando di "reintrodurla". Come se non esistesse l'articolo 68 della Costituzione.
Esso recita:

"I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazione, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza."
Le immunità esistono. Larga tutela dell'insindacabilità delle opinioni espresse, e senza parere favorevole del Parlamento possibilità di misure limitative della libertà personale solo se flagranza di reato o condanna definitiva (eh beh, ci mancherebbe). Nessuno ha mai abrogato le immunità. Nel 1993 venne modificato la parte dell'autorizzazione a procedere, ossia non l'autorizzazione parlamentare non per l'arresto, ma per le indagini stesse. Beh non è che se ne senta la mancanza e la necessità.

8 ottobre 2009

Nervosismi...

Dirò, francamente non mi aspettavo il giudizio di incostituzionalità da parte della Corte Costituzionale. O quantomeno così, completo. Meglio così.


Dal punto di vista politico tale giudizio non avrebbe ragione di creare grosse conseguenze, s'è soltanto ristabilita una situazione che già si era presentata negli anni scorsi, con Berlusconi sotto processo mentre è presidente del consiglio. Non è certo una ragione per dimettersi, e per una sentenza definitiva ancora mancano anni.


E' per questo che a maggior ragione lascia piuttosto perplessi il nervosismo eccessivo che Berlusconi sta dimostrando in queste settimane, con esternazioni pesantissime, e una continua ricerca dello scontro politico frontale. Boh. Quasi ce comincio a crede anch'io che anche questa legislatura si concluderà anticipatamente.

29 settembre 2008

Al lavoro e alla lotta

Alle accuse di autoritarismo e di scadimento della vita democratica italiana, Berlusconi significativamente risponde minacciando una "riflessione sulla giustizia" nel caso la Corte Costituzionale, cui è stata sollevata incidentalmente la questione, giudichi incostituzionale il "Lodo Alfano", provvedimento che garantisce l'immunità per le maggiori cariche dello Stato. Nel caso ossia che la Corte Costituzionale, nell'esercizio delle sue funzioni di tutela dell'ordinamento giuridico italiano, ritenesse un provvedimento contrastante con la Costituzione della Repubblica Italiana, si va a eliminare direttamente o il controllo di costituzionalità, o a cambiare la Costituzione stessa, come se fosse una qualsiasi leggina.
Questa è la situazione.
A questo governo, con maggioranze inattaccabili al servizio degli interessi di pochi, sta facendo da contrappunto un'Italia che si è palesata profondamente di destra. Provvedimenti che richiederebbero approfondito dibattito -anzi, a essere sinceri, provvedimenti inaccettabili che neanche sarebbero da prendere in considerazione-, quali federalismo fiscale, reato di clandestinità, immunità, riforma scolastica, vengono approvati grazie all'appoggio istintivo di un'opinione pubblica indifferente, disinformata, ignava, qualunquista. Di fronte a tale disastro, l'opposizione è del tutto impotente, in crisi di identità profonda, senza idee, numeri e alle volte volontà di combattere tutto ciò.
Ieri è stata giornata di mobilitazione nazionale della Cgil. E anche qua si sono visti i segni nefasti di questo rapido decadimento del sentire democratico e progressista. La Cisl e la Uil infatti non hanno aderito alla mobilitazione, scegliendo di fatto, come s'è visto nella trattativa per Alitalia, un ruolo rinunciatario, di mera rimessa, succube del potere e delle posizioni di forza delle controparti. Almeno qua a Terni poi la manifestazione non è andata bene. Vabbe' che non è certo una genialata farla di sabato pomeriggio, ma duecento persone in piazza, in un momento simile sono troppo poche.
Ma questa è l'unica strada percorribile. Di fronte a una crisi di tale gravità della sinistra, mantenere una linea difensiva è suicida. E' la condanna definitiva alla residualità. Dobbiamo prendere l'iniziativa, opporci, andare in piazza giorno dopo giorno con testardaggine, per quanto possa sembrare inutile, per anni se sarà necessario - e lo sarà necessario. Se l'Italia e gli italiani sono di destra, beh, toccherà cambiarla quest'Italia e questi italiani. Senza questa volontà, non ha senso essere di sinistra.
Quindi compagni, al lavoro e alla lotta, che vogliamo e dobbiamo continuare a esistere e contare.

24 luglio 2008

Allianz

Certo che il sentir parlare Bettini, la pancia grigia dietro Veltroni, di possibilità di alleanze larghe (anzi, sconfinate) del Partito Democratico, dall'Udc a Rifondazione Comunista, lascia perplessi ma dà un certo gusto. Dopo che per mesi e mesi, dopo aver proclamato il fallimento dell'Unione, Veltroni non ha fatto altro che ripetere la pretesa autosufficienza "maggioritaria" del Pd. E salvo fare subito eccezioni, si è visto con quali brillanti risultati, con l'Italia dei Valori.
Ohi, l'idea dell'alleanza e dell'unità qui la si condivide pienamente, da bravo frontista togliattiano e con una coscienza politica formatasi a inizio decennio. Anche se dell'Udc se ne può e deve fare benissimo a meno. Non è che solo il fatto che in Parlamento siano all'opposizione li abbia cambiati.
Però insomma, le elezioni politiche difficilmente saranno prima di cinque anni, e quindi caro Pd, calma, la stronzata ormai è stata fatta, e mo' buoni, non servono inutili accelerazioni.

Oh ecco un'altra cosetta che invece sarebbe da fare: in cosa consista il "dialogo" col centrodestra lo si è visto ormai. Si eviti quindi di fare da sponda a ogni fantasia su una "legislatura costituente", che già di voglia e di numeri per farlo dall'altra parte ne ne hanno fin troppa. Non mettiamoci quindi ad assecondarli, e si parta con una campagna contraria preventiva, che si una Costituzione riscritta dalle destre italiane e di una Repubblica federalista e semipresidenziale non se ne sente assolutamente la necessità.

16 giugno 2008

Difese

Avere un ministro della Difesa post-fascista per certi versi può anche essere divertente. Perché di sicuro ci si mette più di impegno, c'ha più l'attitudine mentale bellicista di coloro che generalmente occupano la poltrona in questione.


Forse a Ignazio La Russa qualcuno potrebbe però anche spiegare che il ministero chiamasi appunto della Difesa, non della Guerra o delle Forze Armate, e rileggergli poi magari gli articoli 11 e 52 (specie nel terzo comma) della Costituzione della Repubblica Italiana.


Che nel giro di un mese proporre l'ampliamento della missione italiana in Afghanistan a situazioni, fronti e regole d'ingaggio da guerra aperta, l'ideare vacanze in caserma per le vuote estati di giovani italiani ansiosi di apprendere i valori di patria gerarchia esercito e bellicismo in genere, e infine mandare reparti dell'Esercito con funzioni di polizia per le strade italiane (proposta oltre che concettualmente perversa anche del tutto demagogica, che 2500 uomini non sono nulla su circa 115mila dell'organico della Polizia di Stato) è sicuramente apprezzabile per lo zelo, però insomma non è che se ne senta troppo la necessità.

24 ottobre 2007

Ricorsi

"Si è molto scritto, in Italia, negli ultimi tempi, sulla crisi dei partiti. Si è, anche, alimentata una campagna contro il "sistema dei partiti". Confluiscono, in questa polemica, posizioni e forze assai diverse. Posizioni di chiaro stampo reazionario; forze che tendono a colpire il regime democratico e ad impedire uno sviluppo progressivo della lotta politica e sociale, lungo la strada aperta dalla Resistenza e dalla Costituzione. Ma anche posizioni e forze di ispirazione democratica, che esprimono un travaglio reale e complesso, una ricerca non priva di validi motivi.
Né saremo certo noi a negare fenomeni di degenerazione che si sono prodotti, nel corso di venti e più anni, nella vita interna di determinati partiti e nel loro rapporto col paese. [...]
Tutto questo però non autorizza né a mettere sotto accusa il sistema dei partiti in quanto tale né a confondere i singoli partiti in un unico, complessivo giudizio di condanna. I partiti -disse Togliatti alla Costituente, in polemica coi nostalgici del regime prefascista- sono la democrazia che si organizza. Guai a perdere di vista questo dato essenziale, guai a smarrire questo fondamentale punto di orientamento. La critica deve perciò essere puntuale, investire quelli che sono davvero fenomeni degenerativi, non alimentare l'equivoca ipotesi del superamento dei partiti, ma tradursi in positive, concrete istanze di rinnovamento della direzione politica del paese."

Questo scrive il compagno Giorgio Napolitano nel 1971, in prefazione della ripubblicazione del saggio del 1958 di Palmiro Togliatti "Il Partito Comunista Italiano".
E' strano rileggere oltre 35 anni dopo una puntuale analisi di quella che è anche la realtà italiana di questi ultimi mesi. E il poterla ricollocare nell'ambito di una storia più grande, come l'ennesimo ricorso dello stesso problema, dà nuova convinzione per combattere certe degenerazioni.