All'inizio delle consultazioni per la formazione del governo, la situazione pare oggettivamente alquanto scura.
Una maggioranza al Senato non esiste, poco da dire o da fare. Un ritorno rapido al voto pare ineluttabile.
Le apparenti aperture del M5S a un governo di minoranza di centrosinistra, per applicare il millantato "modello Sicilia" della valutazione in sede parlamentare di provvedimento per provvedimento, sono durate lo spazio del primo giorno dopo il voto, dopodiché i grillini si sono trincerati sulla linea del nessun dialogo/nessuna fiducia, giocando apertamente allo sfascio.
Il tentativo di Bersani e del centrosinistra, di chiedere un voto di fiducia iniziale per un governo a termine, per potersi poi confrontare in Parlamento su alcuni potenziali e condivisibili punti, sui quali sarebbe in teoria possibile cercare convergenze, sarebbe l'unica soluzione logica, utile e non suicida, ma pare appunto -purtroppo- destinata a fallire.
Come se ne esce?
Fino a qualche giorno fa, avrei detto che quasi quasi si poteva fare il discorso inverso, che il M5S si assumesse le proprie responsabilità, presentasse un governo, al quale il centrosinistra avrebbe garantito la fiducia iniziale: dopodiché, se tanto il confronto sui provvedimenti deve avvenire in Parlamento, poco cambiava. Ma l'arroganza, l'incompetenza, la presunzione, l'antidemocraticità, il settarismo di cui hanno dato sfoggio i grillini nei soli primi cinque giorni di apertura del Parlamento è stata sufficiente per cambiare idea. Se possibile, sono riusciti ad abbassare ulteriormente l'opinione che già ne avevo, già bassissima. Grillo e il suo movimento sono eccessivamente pericolosi, e le possibilità di dialogo in qualche modo costruttivo sembrano completamente assenti.
Quindi boh. Il timore, e parrebbe verosimilmente l'unica ipotesi allora praticabile, è che Napolitano alla fine costringa al "senso di responsabilità", imponendo nuovamente un esecutivo con appoggio congiunto bipartisan. La prospettiva in tal caso, coi grillini che possono restarsene a non sporcarsi le mani e a gridare all'inciucio, sarebbe devastante per il centrosinistra.
Infine, nel medio periodo, il ritorno alle urne. Ma anche allora, nuovamente, non se ne esce, pare improbabile ipotizzare un esito elettorale globalmente differente dall'attuale. Avoja a chiacchierare di riforma della legge elettorale. Il problema, quando l'elettorato è diviso in tre (quasi quattro) grandi minoranze, delle quali nessuna è in grado di raggiungere il 30%, di rappresentare neanche un elettore su tre, è di crisi globale e profonda del nostro sistema politico.
E prospettive non se ne vedono.