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27 aprile 2012

Il compagno Antonio Gramsci, un pensiero a 75 anni dalla morte

A 75 anni dalla morte, il 27 aprile 1937, si vorrebbe scrivere un pensiero per Antonio Gramsci.
Chi è?
Il compagno Antonio Gramsci.
La conoscenza della sua figura è a spezzoni, frammentaria, per suggestioni. Mito fondativo del Comunismo Italiano. La sua statura di intellettuale, di livello internazionale, di cui francamente quasi nulla conosco. L'incontro tra il mondo contadino e il mondo delle fabbriche. Il suo ruolo negli anni di fuoco del movimento comunista internazionale, tra la morte di Lenin e l'avvento dello stalinismo. Il rapporto particolare con Togliatti. Il carcere, il "Per vent'anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare". Il suo nome legato alle formazioni partigiane, come la Brigata Garibaldina "Antonio Gramsci". 
In mancanza di altro, posso solo limitarmi a rendergli omaggio.

8 giugno 2011

Reagan su l'Unità??? Che macellu poro Gramsci

E' da un bel po' che si ha molto l'impressione che l'Unità, già quotidiano fondato da Antonio Gramsci, sotto la direzione di Concita De Gregorio non c'abbia per niente le idee chiare su ciò che è o dovrebbe essere.
Formato da free-press, e articoletti di poche battute senza un briciolo di approfondimento. Cronaca politica superficiale (anzi che almeno non più faziosa e schierata come ai tempi di Veltroni/primo Franceschini), assenza di buoni articoli di fondo, pagine infarcite di una miriade di pensierini di commentatori sparsi (momenti anche 'sto blog ci sarebbe al livello di poterci scrivere). Praticamente hanno eliminato anche la pagina sportiva (ahia). Linea politica e stile da scuola superiore. Prezzo di vendita arrivato a € 1,20, numero di copie vendute in calo costante, però tutti a dire come è brava e bella Concita e quanti fan ha l'Unità su Facebook (salvo avere un sito internet caotico, riempito di amenità, notizie vecchie, articoli a metà e pseudo blog).

Oggi s'è raggiunta una nuova vetta, sulla Striscia Rossa odierna je è passato per la testa di pubblicare una perla anticomunista di Reagan:
"Qualcuno mi ha spiegato la differenza tra democrazia e democrazia popolare. È la stessa differenza che passa tra una camicia e una camicia di forza.
Ronald Reagan"
Ronald Reagan. Ma se lo ricordano a l'Unità chi era Ronald Reagan? L'idolo dei neo-con di tutto il mondo, quello dell'Impero del Male riferito all'URSS, l'anticomunista da macchietta, l'iperliberista, l'invasore di Grenada e Nicaragua...
Fatto salvo per Staino e Maramotti, c'è ben poco da salvare ormai de l'Unità.

16 novembre 2010

Gramsci, Renzi, ed altre amenità piddine

Sulla crisi di governo che si sta aprendo (o meglio, apettiamo che passino queste quattro settimane...) c'è poco da dire: era ora, e se avesse un minimo di buon senso e di correttezza Berlusconi avrebbe già dovuto dimettersi per suo conto. Conosciamo bene il tipo, e sappiamo già che invece che sarà un bel travaglio. E vabbe'. Anzitutto ci caviamo finalmente 'sto dente, e brividi a pensare che forse è finalmente la volta buona. Da registrare è che purtroppo è una vicenda tutta interna al centrodestra, con il resto dell'opposizione che rimane al chiodo, e che le prospettive rimangono molto incerte (specie sulla possibilità di un accordo per la riforma della legge elettorale).
Detto ciò, passiamo a uno dei più tipici passatempi del commentatore politico dilettante, una disamina sulla situazione del PD (suvvia, era un po' che mancava da queste pagine). Che alcune cose frullavano da un po'.

C'è un noto passaggio di Gramsci, ripetutamente ripreso fino a non troppi anni fa, in cui si parla dei tre elementi alla base di un partito.
1 - «Un elemento diffuso, di uomini comuni, medi, la cui partecipazione è offerta dalla disciplina e dalla fedeltà, non dallo spirito creativo ed altamente organizzativo....essi sono una forza in quanto c'è chi li centralizza, organizza, disciplina, ma in assenza di questa forza coesiva si sparpaglierebbero e si annullerebbero in un pulviscolo impotente»
2 - «L'elemento coesivo principale [ ... ] dotato di forza altamente coesiva, centralizzatrice e disciplinatrice e anche, anzi forse per questo, inventiva [ ... ] da solo questo elemento non formerebbe un partito, tuttavia lo formerebbe più che il primo elemento considerato. Si parla di capitani senza esercito, ma in realtà è più facile formare un esercito che formare dei capitani»
3 - «Un elemento medio, che articoli il primo col secondo elemento, che li metta a contatto, non solo fisico, ma morale e intellettuale».

Ecco, mo' non è che serva necessariamente tornare al centralismo democratico, però tra questo e ciò che accade da molto tempo nel PD un giusto mezzo ci sarebbe anche. Sotto questo aspetto, la cosa più preoccupante che sta accadendo da molti mesi è la continua delegittimazione e sfiducia che sta attraversando il partito in ogni suo livello, dalla base alla segreteria. Sta venendo a mancare lo stesso rispetto reciproco, che tra membri di un partito si ritiene dovrebbe sempre sussistere, anche in caso di disaccordo.
Quindi, con specifico riferimento a Renzi. Precisu ciò che si diceva. Sicuramente nel movimento che gli si è accodato c'è del buono. Ma non si può giocare a lanciare merda sul proprio partito, solo per il proprio tornaconto personale. Un arrivista, e dalla dubbia identità politica. E fa un po' specie sentirlo chiedere la "rottamazione" dei dirigenti. Ora, un problema generazionale nella politica italiana indubbiamente c'è. Ma è un problema un tantino più complesso di come lo presenta taluno. Per dire, oggettivamente nel PD non sono certo pochi i dirigenti sotto i 40. A livello di unioni comunali, federazioni, segreterie. Renzi non è esattamente il militante di sezione qualunque. Presidente della provincia di Firenze, ora sindaco del capoluogo di una delle regioni rosse... insomma, se non è un dirigente lui, ben ancorato nel partito, curioso di sapere chi lo sia. E come lui tanti altri. Che magari, fassiniani nel 2007, veltroniani nel 2008, franceschiniani nel 2009, mo' oggi, con qualche poltroncina frattanto guadagnata, si scoprono renziani e ribelli. E pronti alla lotta. Dura eh. Mah.
Se il Partito Democratico incontra tanti ma tanti di quei problemi, e sta riuscendo a sperperare milioni di voti, le cause sono tante. L'inadeguatezza della classe dirigente sicuramente è una di queste, specie in un sistema politico-mediatico che ricerca il leader più che le idee. Ma i problemi vari stanno proprio alla radice, nel manico. Se su tanti temi non riesce a trovare una sintesi, una posizione comune, non è tanto colpa di Veltroni, D'Alema o chi per loro, è perché ciò ontologicamente non è possibile, che c'è nato proprio con l'idea di fondere e superare culture troppo diverse, alla ricerca di una fantomatica idea nuova. Dopodiché, i problemi mica sono tutti del Nazionale. Anzi. Il consenso sta scomparendo anzitutto a partire dal territorio. Dove sta venendo a mancare l'organizzazione, la partecipazione, il sentirsi comunità. Appunto, sta scomparendo il Partito, nel senso più proprio del termine, e si sta trasformando in una dépendance degli amministratori. Di questo, tantissimi sono i "giovani" che ne sono corresponsabili, essendo a loro spesso affidato il livello territoriale o la sua gestione. Gli stessi "giovani" che oggi a sentirli vorrebbero fare la rivoluzione. Anche qua in Umbria gli esempi non mancano. Il problema generazionale a mio modo di vedere sta essenzialmente in questo, che un "giovane" arrivato, probabilmente grazie all'ambiente giusto, a livello dirigenziale, si ritrova a operare e a gestire un partito senza preparazione, senza una vera conoscenza del territorio, delle sue necessità e problemi, e senza una visione complessiva, una capacità di analisi. E ad aggravare la cosa, che non vi sono strumenti per rimediare. E che quindi è destinata a ripetersi sempre più negli anni a venire.
Sono problemi grossi, che non si possono risolvere con qualche seminario, o pensando che basti una primaria a selezionare una classe dirigente. O ancora, che basti fare una "rottamazione".

12 febbraio 2009

85 anni de l'Unità

Il 12 febbraio del 1924, 85 anni fa, Antonio Gramsci fondava l'Unità.
Auguri quindi al quotidiano storico della sinistra italiana, che nonostante questi 85 anni passati tra dittature, speranze, fallimenti e attuali piddiosaggine e scomodi formati tabloid non ha mancato mai di far sentire la sua voce per la libertà, la pace, l'uguaglianza e la giustizia. E che possa continuare a farla sentire ancora a lungo.

E per l'occasione, un paio di pensieri gramsciani sull'impegno.

"Si osserva da alcuni con compiacimento, da altri con sfiducia e pessimismo, che il popolo italiano è «individualista»: alcuni dicono «dannosamente», altri «fortunatamente». Questo «individualismo», per essere valutato esattamente, dovrebbe essere analizzato, poiché esistono forme diverse di «individualismo», più progressive, meno progressive, corrispondenti a diversi tipi di civiltà e di vita culturale. Individualismo arretrato, corrispondente a una forma di «apoliticismo» che corrisponde oggi all’antico «anazionalismo»: si diceva una volta «Venga Francia, venga Spagna, purché se magna», come oggi si è indifferenti alla vita statale, alla vita politica dei partiti.

Ma questo «individualismo» è proprio tale? Non partecipare attivamente alla vita collettiva, cioè alla vita statale (e ciò significa solo non partecipare a questa vita attraverso l’adesione ai partiti politici «regolari») significa forse non essere «partigiani», non appartenere a nessun gruppo costituito? Significa lo «splendido isolamento» del singolo individuo, che conta solo su se stesso per creare la sua vita economica e morale? Niente affatto. Significa che al partito politico e al sindacato economico «moderni», come cioè sono stati elaborati dallo sviluppo delle forze produttive più progressive, si «preferiscono» forme organizzative di altro tipo, e precisamente del tipo «malavita», quindi le cricche, le camorre, le mafie, sia popolari, sia legate alle classi alte."

"Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l’attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.

Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti."



21 marzo 2008

Giustizia

"E poi ci si chiede perché si diventi comunisti e si voglia la giustizia proletaria."
[così un giovane Antonio Gramsci parlava, il 21 marzo 1908, dopo aver saputo che una nevicata aveva ricoperto Torino l'indomani della sua partenza]
[vabbe' forse Gramsci no la neve che era malaticcio, però io sì]

27 aprile 2007

Dobbiamo impedire a questo cervello di pensare per i prossimi vent’anni.

"Agitatevi perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo.
Organizzatevi perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate
perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza."


Al compagno Antonio Gramsci, 27 aprile 1937, 27 aprile 2007.