22 gennaio 2009

Sviluppo

L'intervento di Berlusconi sulla recessione, secondo cui un calo del 2% del Pil non sarebbe tanto grave che in fondo sarebbe come tornare a due anni fa, come se recessione non significhi grave crisi economica e perdita di posti lavoro, sfiora però un punto che bisognerebbe approfondire.
Ossia che allo stato attuale è da superare la concezione dello sviluppo economico fondata sull'incremento forzato, costi quel che costi, del Pil. In paesi come l'Italia s'è oggettivamente raggiunta la possibilità di un buon benessere diffuso. Per cui non c'è l'esigenza pressante della crescita economica. I problemi fondamentali a questo punto diventano quello dell'equità, della redistribuzione della ricchezza prodotta -perché da troppi anni i frutti della crescita della ricchezza del paese vengono ripartiti tra quella che rimane ancora una minoranza della popolazione-, e quello della qualità dello sviluppo economico, che tenga conto del fatto che non si può badare esclusivamente ai criteri del profitto -si vedano ad esempio gli impegni continuamente elusi dalle industrie e dai governi per la riduzione delle emissioni di Co2-.

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