22 gennaio 2010

Understatement comunicativi

Un discorso che si sente fare spesso, in questi giorni di difficoltà politiche evidenti del Partito Democratico, è la lamentela sulla scarsa presenza e visibilità del segretario Bersani (tranne che quando c'è bisogno di polemizzare, come settimana scorsa al "caminetto", in cui le minoranze l'hanno accusato di scarsa collegialità... ma vabbe').
In parte sicuramente è vero, non si sta certo muovendo al meglio, delle responsabilità della segreteria nazionale in tutti 'sti casini ci sono.
In parte, non c'è un sistema televisivo favorevole che ti concede visibilità, e anche la carta stampata di larga diffusione, il gruppo Repubblica, non è particolarmente affine alla segreteria Bersani.
In parte, concentrandoci sulla poca visibilità, Bersani però l'aveva anche preannunciato in un'intervista di qualche settimana fa, quando ha sostenuto che avrebbe rilasciato dichiarazioni e sarebbe andato in televisione solo quando necessario. Una scelta voluta di understatement.
Che poi, andando con la mente solo fino a pochi anni fa, la sovraesposizione mediatica del segretario di un partito, cui ci siamo rapidamente assuefatti, è roba recente. E' da quando Veltroni è diventato segretario, ed è cresciuto esponenzialmente nei mesi di Franceschini, che ci si è abituati a vedere ogni giorno il segretario in televisione a esternare e rilasciare dichiarazioni (che per come si svolge la vita politica oggi, e con l'importanza della televisione, in parte senza dubbio ha degli aspetti positivi). La linea "comunicativa" tenuta da Bersani e la sua concezione della segreteria non è dissimile da quella che era la norma fino a Fassino.

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