Narra la Tradizione, e volendo anche il RomboPeloso la confermerebbe, che durante la guerra i combattenti della Brigata San Faustino-Proletaria d'Urto, formazione partigiana operante in Alta Umbria, temessero di inoltrarsi per i boschi nei dintorni della rotabile (parlando di viabilità e Resistenza l'utilizzo del termine rotabile è obbligatorio) Città di Castello-Apecchio, tant'è vero che essa segnava il limite settentrionale della zona operativa della brigata (per la cronaca, individuabile nel quadrilatero Umbertide, Gubbio, Apecchio, Città di Castello, con in mezzo Pietralunga, dichiarata zona libera nella primavera del 1944).
La ragione di ciò sarebbe stata da rintracciarsi nella presenza di oscure creature nei boschi della zona.
Ancor oggi, è infatti notorio che in queste montagne chi si accinga a passare la serata in uno dei tipici campi presso la Cima rischia di incontrare uno dei famigerati cervi cativi.
Il testimone: "Odìo fioli, i cervi èn(no) cativi!". Il testimone aggiunge anche che fanno molto rumore e hanno occhi rossi fiammeggianti.
In questa rara immagine, che la cosiddetta scienza vorrebbe far risalire al tardo Paleolitico spacciandola per uno sciamano, vediamo raffigurato un Mostruoso Cervo Cativo.
La ragione di ciò sarebbe stata da rintracciarsi nella presenza di oscure creature nei boschi della zona.
Ancor oggi, è infatti notorio che in queste montagne chi si accinga a passare la serata in uno dei tipici campi presso la Cima rischia di incontrare uno dei famigerati cervi cativi.
Il testimone: "Odìo fioli, i cervi èn(no) cativi!". Il testimone aggiunge anche che fanno molto rumore e hanno occhi rossi fiammeggianti.
In questa rara immagine, che la cosiddetta scienza vorrebbe far risalire al tardo Paleolitico spacciandola per uno sciamano, vediamo raffigurato un Mostruoso Cervo Cativo.
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