6 aprile 2011

In memoria delle stragi di Leonessa del 2-5-7 aprile 1944

In questi stessi giorni, a inizio di aprile del 1944, tutto il territorio libero controllato dalla Brigata Garibaldina Antonio Gramsci venne investito da una grande offensiva antipartigiana tedesca, forte di diverse migliaia di uomini. Oltre a infliggere un duro colpo ai partigiani della Gramsci, che riuscirono a sganciarsi solo dopo aspri combattimenti, costati decine di caduti e il quasi sbandamento della formazione, le rappresaglie nazifasciste infierirono sulla popolazione inerme, con centinaia di morti e interi paesi dati alle fiamme, come Poggio Bustone.
A Leonessa la violenza nazifascista fu particolarmente feroce, con 51 civili trucidati tra il 2 e il 7 di aprile 1944. Per commemorare l'eccidio, e cercare di rendere un po' più nota una delle tante stragi tedesche avvenute in Italia durante l'occupazione, rimaste prive di responsabili, e quasi rimosse dalla memoria collettiva, ieri si è creata una pagina su Wikipedia sull'argomento.

L’eccidio di Leonessa fu una strage nazifascista avvenuta tra il 2 aprile 1944 e il 7 aprile 1944 a Leonessa e nelle frazioni circostanti, nel corso del quale vennero trucidati 51 civili.

La Resistenza a Leonessa
Il territorio di Leonessa, in provincia di Rieti, fu largamente interessato da un forte Resistenza fin dall’ottobre del 1943. Le bande partigiane della zona f
acevano riferimento alla Brigata Garibaldina Antonio Gramsci, che a partire dalla fine di dicembre 1943, a seguito della liberazione di Norcia e Cascia, riuscì a dare vita a una delle prime zone libere d’Italia, nel territorio immediatamente a nord di Leonessa.
Il movimento antifascista leonessano aveva i suoi punti di riferimento in Roberto Pietrostefani, Giuseppe Zelli, Ugo Tavani, e soprattutto nel giovane parroco Don Concezio Chiaretti: quest’ultimo, a capo del CLN locale, e referent
e della Brigata Gramsci, si sforzò in tutti i modi di preservare la popolazione locale durante l’occupazione tedesca, specialmente in occasione di momenti di tensione come quelli seguiti alla fucilazione, il 26 febbraio 1944, del commissario prefettizio fascista Francesco Pietramanico. Grazie agli sforzi del parroco, si riuscì a evitare la rappresaglia nazifascista, e addirittura a ottenere la nomina di Ugo Tavani, fiancheggiatore della Resistenza, come nuovo commissario prefettizio. Sempre grazie all’impegno di Don Chiaretti, che convinse i militi del presidio della Guardia Nazionale Repubblicana a lasciare il paese, Leonessa venne occupata pacificamente dalla Brigata Garibaldina Antonio Gramsci il 16 marzo 1944, accolta dalla popolazione festante. Con la liberazione di Leonessa, la zona libera sotto il controllo dei partigiani raggiunse la sua massima estensione, arrivando a comprendere tutta la vasta zona compresa tra la Valnerina, Norcia e la rotabile Piediluco-Leonessa-Posta.
Don Concezio Chiaretti, parroco di Leonessa, in divisa di cappellano militare degli Alpini Il giorno 1 aprile 1944 diverse migliaia di uomini della Wermacht e delle SS, coadiuvati da reparti fascisti, diedero inizio a una vasta operazione militare antipartigiana, con l’intento di eliminare la minaccia che la Brigata Gramsci e altre formazioni minori rappresentavano per le linee di rifornimento con il fronte abruzzese e laziale. La zona libera controllata dai partigiani cessò di esistere, e i battaglioni della Gramsci riuscirono a sganciarsi dal nemico solo dopo aspri combattimenti protrattisi per circa una settimana, e che misero a forte repentaglio l’organizzazione e la tenuta
della Brigata, costringendola ad abbandonare tutti i centri abitati più importanti (Norcia, Cascia, Monteleone di Spoleto, Leonessa).

Le stragi di Leonessa
Leonessa venne immediatamente occupata dai nazifascisti, che provvidero a incarcerare subito un centinaio di persone, tra veri e presunti antifascisti. L’eccidio ebbe inizio il 2 aprile 1944, con la fucilazione di sei persone nella frazione di Villa Carmine. Dopo alcuni giorni di tregua, la notte del 5 aprile, nella frazione di Cumulata, 13 abitanti vennero trucidati dalle truppe tedesche guidate da Rosina Cesaretti, una giovane locale, amante di un ufficiale tedesco, emigrata a Roma, e tornata in paese a seguito dello sfollamento: dando sfogo anche a odi e rancori personali, essa personalmente guidò i tedeschi nella scelta delle vittime,
tra cui un suo stesso fratello e una zia. Il 6 aprile i tedeschi concessero un altro giorno di tregua, nel corso del quale permisero a Don Concezio Chiaretti di celebrare una messa per i caduti di Cumulata: ma l’indomani, 7 aprile 1944, venerdì santo, mentre pareva che le truppe tedesche stessero per ritirarsi, a conclusione delle operazioni militari, giunse un automezzo con a bordo 15 militi delle SS per un nuovo rastrellamento. 24 persone vennero prelevate, portate presso il paese e fucilate a sangue freddo: tra di esse, anche il commissario prefettizio Tavani, e il parroco Don Concezio Chiaretti, morto perdonando i suoi assassini. Nel corso del rastrellamento, altri 8 cittadini di Leonessa vennero uccisi dalle truppe tedesche nelle frazioni di Villa Gizzi e Ponte Riovalle: alla fine, l’eccidio di Leonessa arrivò a contare 51 morti fucilati dalle truppe tedesche.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, nessuno dei re
sponsabili delle stragi di Leonessa è stato punito per i suoi crimini. A Leonessa, la piazza principale del paese è stata intitolata ai martiri del 1944, e un sacrario ne ricorda la morte. Don Concezio Chiaretti venne promosso al grado di capitano cappellano per merito di guerra alla memoria.
Don Concezio Chiaretti, parroco di Leonessa e martire della Resistenza, in divisa di cappellano degli Alpini

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