16 novembre 2010

Gramsci, Renzi, ed altre amenità piddine

Sulla crisi di governo che si sta aprendo (o meglio, apettiamo che passino queste quattro settimane...) c'è poco da dire: era ora, e se avesse un minimo di buon senso e di correttezza Berlusconi avrebbe già dovuto dimettersi per suo conto. Conosciamo bene il tipo, e sappiamo già che invece che sarà un bel travaglio. E vabbe'. Anzitutto ci caviamo finalmente 'sto dente, e brividi a pensare che forse è finalmente la volta buona. Da registrare è che purtroppo è una vicenda tutta interna al centrodestra, con il resto dell'opposizione che rimane al chiodo, e che le prospettive rimangono molto incerte (specie sulla possibilità di un accordo per la riforma della legge elettorale).
Detto ciò, passiamo a uno dei più tipici passatempi del commentatore politico dilettante, una disamina sulla situazione del PD (suvvia, era un po' che mancava da queste pagine). Che alcune cose frullavano da un po'.

C'è un noto passaggio di Gramsci, ripetutamente ripreso fino a non troppi anni fa, in cui si parla dei tre elementi alla base di un partito.
1 - «Un elemento diffuso, di uomini comuni, medi, la cui partecipazione è offerta dalla disciplina e dalla fedeltà, non dallo spirito creativo ed altamente organizzativo....essi sono una forza in quanto c'è chi li centralizza, organizza, disciplina, ma in assenza di questa forza coesiva si sparpaglierebbero e si annullerebbero in un pulviscolo impotente»
2 - «L'elemento coesivo principale [ ... ] dotato di forza altamente coesiva, centralizzatrice e disciplinatrice e anche, anzi forse per questo, inventiva [ ... ] da solo questo elemento non formerebbe un partito, tuttavia lo formerebbe più che il primo elemento considerato. Si parla di capitani senza esercito, ma in realtà è più facile formare un esercito che formare dei capitani»
3 - «Un elemento medio, che articoli il primo col secondo elemento, che li metta a contatto, non solo fisico, ma morale e intellettuale».

Ecco, mo' non è che serva necessariamente tornare al centralismo democratico, però tra questo e ciò che accade da molto tempo nel PD un giusto mezzo ci sarebbe anche. Sotto questo aspetto, la cosa più preoccupante che sta accadendo da molti mesi è la continua delegittimazione e sfiducia che sta attraversando il partito in ogni suo livello, dalla base alla segreteria. Sta venendo a mancare lo stesso rispetto reciproco, che tra membri di un partito si ritiene dovrebbe sempre sussistere, anche in caso di disaccordo.
Quindi, con specifico riferimento a Renzi. Precisu ciò che si diceva. Sicuramente nel movimento che gli si è accodato c'è del buono. Ma non si può giocare a lanciare merda sul proprio partito, solo per il proprio tornaconto personale. Un arrivista, e dalla dubbia identità politica. E fa un po' specie sentirlo chiedere la "rottamazione" dei dirigenti. Ora, un problema generazionale nella politica italiana indubbiamente c'è. Ma è un problema un tantino più complesso di come lo presenta taluno. Per dire, oggettivamente nel PD non sono certo pochi i dirigenti sotto i 40. A livello di unioni comunali, federazioni, segreterie. Renzi non è esattamente il militante di sezione qualunque. Presidente della provincia di Firenze, ora sindaco del capoluogo di una delle regioni rosse... insomma, se non è un dirigente lui, ben ancorato nel partito, curioso di sapere chi lo sia. E come lui tanti altri. Che magari, fassiniani nel 2007, veltroniani nel 2008, franceschiniani nel 2009, mo' oggi, con qualche poltroncina frattanto guadagnata, si scoprono renziani e ribelli. E pronti alla lotta. Dura eh. Mah.
Se il Partito Democratico incontra tanti ma tanti di quei problemi, e sta riuscendo a sperperare milioni di voti, le cause sono tante. L'inadeguatezza della classe dirigente sicuramente è una di queste, specie in un sistema politico-mediatico che ricerca il leader più che le idee. Ma i problemi vari stanno proprio alla radice, nel manico. Se su tanti temi non riesce a trovare una sintesi, una posizione comune, non è tanto colpa di Veltroni, D'Alema o chi per loro, è perché ciò ontologicamente non è possibile, che c'è nato proprio con l'idea di fondere e superare culture troppo diverse, alla ricerca di una fantomatica idea nuova. Dopodiché, i problemi mica sono tutti del Nazionale. Anzi. Il consenso sta scomparendo anzitutto a partire dal territorio. Dove sta venendo a mancare l'organizzazione, la partecipazione, il sentirsi comunità. Appunto, sta scomparendo il Partito, nel senso più proprio del termine, e si sta trasformando in una dépendance degli amministratori. Di questo, tantissimi sono i "giovani" che ne sono corresponsabili, essendo a loro spesso affidato il livello territoriale o la sua gestione. Gli stessi "giovani" che oggi a sentirli vorrebbero fare la rivoluzione. Anche qua in Umbria gli esempi non mancano. Il problema generazionale a mio modo di vedere sta essenzialmente in questo, che un "giovane" arrivato, probabilmente grazie all'ambiente giusto, a livello dirigenziale, si ritrova a operare e a gestire un partito senza preparazione, senza una vera conoscenza del territorio, delle sue necessità e problemi, e senza una visione complessiva, una capacità di analisi. E ad aggravare la cosa, che non vi sono strumenti per rimediare. E che quindi è destinata a ripetersi sempre più negli anni a venire.
Sono problemi grossi, che non si possono risolvere con qualche seminario, o pensando che basti una primaria a selezionare una classe dirigente. O ancora, che basti fare una "rottamazione".

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