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9 maggio 2012

Analisi elettorale amministrative 2012

Non è troppo piacevole, ma tocca farla l'analisi del voto del 2012. Che è stata una tornata elettorale, seppure locale, di primissimo rilievo.
Anche se, sinceramente, a stringere su, non è che ci sia troppo da dire.
O meglio, troppe ce ne sarebbero da dire, per cui ci si limita a fare una sorta di fotografia del post-voto.
In primo luogo, è emerso palese che da un lato c'è l'Italia di gran parte dei mezzi di informazione, dei tecnici, del preteso consenso di massa a Monti e al governo, coi suoi moderati, professori e compagnia, e da un lato c'è l'Italia reale, quella emersa dal voto, completamente differente.
PDL e Lega Nord, un disastro di dimensioni impressionanti. Impressionanti. Dal 2008, era stato, specie per il PDL, un continuo calo, anche consistente, ma hanno pagato rispettivamente la caduta di Berlusconi, e l'assoluta mancanza di progettualità che ne è seguita, e lo scandalo di Bossi e famiglia, in percentuali sorprendenti. Oh, e naturalmente non me ne può dispiacere manco un po'.
Terzo Polo, vale il discorso iniziale, tante chiacchiere in questi mesi sul montismo nuovo destino della Nazione, appunto Partito della Nazione e tante altre storie, poi vai al voto, e si vede quello che conta, cosa rappresentano realmente nel paese. Poco meno che niente. Specie per chi pretendeva di diventare, o di essere culturalmente, egemone.
Il PD globalmente perde un casino di voti, ma in qualche modo tiene, o dà l'impressione di farlo. Lo salva quel po' di organizzazione che riesce a mantenere, e il senso di disciplina di tanti militanti.
L'IDV, nel centrosinistra, chiaramente è quello che ha risentito maggiormente della concorrenza di Grillo e M5S.
SEL e le sinistre. Discretamente, se diciamo che non hanno perso voti, o hanno leggermente incrementato. Male, se siamo oggettivi e concreti. Nel senso che appunto stiamo fermi al palo, e non siamo riusciti a intercettare, indirizzare o rappresentare nulla di un momento storico, sulla carta, potenzialmente largamente favorevole. Se la grave crisi economica in Grecia o in Francia, in modo differente, è riuscita a esprimersi a sinistra, in Italia, per svariate ragioni, non sta avvenendo nulla di tutto ciò.
Grillo e il Movimento 5 Stelle, palese, è l'unico vincitore di queste cavolo di elezioni, indubbiamente grazie anche al clima di questi ultimi mesi, alimentato di fortissima polemica antipartitica, diffuso su tutti i mezzi di informazione, quasi altra faccia del governo tecnico. Per svariate ragioni, la notizia è preoccupante. Molto. E come si diceva sopra, mentre altrove in Europa si cerca di dare una risposta di sinistra alla crisi, in Italia ci si dà al grillismo. Vabbe'.

Le questioni sono tante, e meriterebbero un vero approfondimento.
Nel complesso, una tornata elettorale sconcertante, e da sinistra sicuramente non positiva. E neanche a parlare di Palermo.
Come si evolverà la situazione, non è dato saperlo. Come arriveremo alle elezioni dl 2013, un mistero. Una cosa sola è certa: la crisi economica in Italia è già palesemente diventata crisi politica, su moltissimi livelli. Partitici, istituzionali, di complessivo quadro politico. E i mesi che stiamo vivendo, "l'epoca del governo tecnico", è assai improbabile che si risolveranno in una mera parentesi, dopodiché tutto come prima.

24 aprile 2012

Il primo turno delle presidenziali francesi 2012...

Al momento, facendo i dovuti scongiuri del caso, logica e immancabile soddisfazione per l'incoraggiante risultato dei socialisti e di Hollande al primo turno delle elezioni presidenziali francesi.
Che poi beh, rispetto al 2002, ballottaggio Chirac/Le Pen, e al 2007 con Ségolène Royal, tutto farebbe brodo, siamo diventati di bocca buona.
Ma soprattutto, il voto francese dà speranza, perché, quantomeno a parole, Hollande e il PSF danno l'impressione finalmente di averci le idee piuttosto chiare, specie sulla necessità impellente di agire e di cambiare radicalmente politiche a livello europeo prima di tutto. Che se no non se ne scappa dalla crisi, e settimana dopo settimana proseguiamo ad attuare politiche suicide, recessive e regressive, come quelle che tanto alacremente stanno propinando in Italia.
Ed è importante che sia il PSF a rendersene conto, che oggettivamente i partiti del PSE devono fare profonda autocritica, che alla fine sono stati (siamo stati, mi ci metto anch'io, come militante dei Democratici di Sinistra) complici e succubi della deformazione in senso iperliberista dell'Unione Europea.
Ci sarebbe da commentare anche come è curioso il PD bersaniano, pochi giorni dopo aver fatto passare senza verbo proferire il pareggio di bilancio in Costituzione, che sembra quasi volere rivendicare il risultato di Hollande - convinto sostenitore invece di politiche all'antitesi di quelle del governo Monti, con posizioni che di fatto sono quasi fin troppo radicali anche rispetto all'azione di un partito come SEL, ma vabbe', alla fine è sempre la solita contraddizione ontologica.

17 aprile 2012

La Costituzione violentata, il pareggio di bilancio è legge: VERGOGNA!

La Costituzione Italiana è stata violentata, con l'introduzione del pareggio di bilancio, rendendo norma costituzionale un principio ideologico, iperliberista e dannoso, che blinda ogni politica economica sovrana.
Nel disinteresse e nella disinformazione generale, e a maggioranza qualificata, ben oltre i 2/3, così da rendere impossibile il ricorso al referendum confermativo. Vergogna a tutti i partiti che ne sono responsabili, in primo luogo il Partito Democratico, che ha votato compattamente a favore.
E che fine hanno fatto tutti i movimenti, i "Salviamo la Costituzione", Libertà e Giustizia, i girotondini, le campagne dei post-it? Il "radicalismo azionista", se così possiamo definirlo, antiberlusconiano, che ha plasmato largamente e in profondità l'identità della sinistra e del centrosinistra in questi anni, mostra oggi tutti i suoi limiti e vizi.

16 aprile 2012

Prendendo atto del fallimento odierno dell'opposizione all'abrogazione dell'art. 18

Qualche tempo si fa si esprimeva l'auspicio che la battaglia per l'art. 18 potesse essere non solo una trincea irrinunciabile, ma anzi invece un punto di ripartenza, di avanzamento, di opposizione a questo governo e di costruzione di un'alternativa.
Al momento, si deve purtroppo constatare che nulla di tutto ciò sta avvenendo. Col contentino della possibilità del reintegro nel caso di licenziamento privo di giusta causa per motivo economico palesemente insussistente (per dirla secondo la parafrasi dello stesso Monti, "il reintegro è riferito a fattispecie estreme ed improbabili"), il PD ha messo a tacere ogni polemica interna ed esterna, rivendicando anzi la "riforma", e lo stesso dicasi dei sindacati. La stessa CGIL pare inerte, riducendosi a prendere atto di rapporti di forza probabilmente sfavorevoli, cercando al più di salvare il salvabile, e finendo così per dare carta bianca a una riforma dannosa e inaccettabile sotto quasi ogni profilo, non solo l'abrogazione dell'art. 18. 
Purtroppo, è da prendere atto dell'inadeguatezza della CGIL di Susanna Camusso di svolgere un ruolo paragonabile a quello che, provvidenzialmente, ha svolto negli ultimi anni in molte battaglie. Tant'è che gli unici strepiti che si sentono sulla riforma del mercato del lavoro sono quelli della destra e dei falchi delle associazioni imprenditoriali, che vogliono una norma ancora più reazionaria ed estremista.
I media ci mettono del loro, adesso al centro dell'attenzione ci sono solo la polemica antipartitica, gli scandali, l'abolizione del finanziamento pubblico. E Monti e il suo governo continuano imperterriti, insieme a gran parte dell'Europa, a percorrere il loro (nostro) percorso suicida.

29 marzo 2012

Manifestare a "babbo morto"

Per carità, bella l'unità sindacale, importante, ed è buono e giusto e positivo che CGIL, CISL e UIL abbiano deciso di manifestare unitariamente contro la riforma delle pensioni, il 13 aprile prossimo venturo.
Un po' curioso però farle così, a "babbo morto", oltre tre mesi dopo l'entrata in vigore della riforma. Quando, all'epoca, giusto la CGIL fece quattro improbabili ore di scioper(tt)o. 
Mo', di fronte ai gravissimi e disastrosi progetti del Governo sull'art. 18, pare si voglia seguire lo stesso copione, con lo "sciopero generale" fissato genericamente tra un paio di mesi, a fine maggio.
Vabbe'. Poi ci si lamenta che lo sciopero, anche generale, diventa uno strumento abusato, privo di valore e di efficacia. 
Dare uno sguardo alla Spagna non guasterebbe. Scioperi generali, se tocca farli, di 24 ore, bloccando tutto. Lo sciopero generale è un momento di rottura, in cui si deve volere pretendere di volere qualcosa. Dell'attestato di presenza, ormai, il dire semplicemente "ci opponiamo" non interessa e non serve più a nessuno.

26 marzo 2012

Momento di libertà (e dell'ora X)

Monti è in Corea e il Papa in Messico.
Il maggior momento di libertà che stiamo vivendo da svariati mesi a questa parte in Italia.
[e, a volere essere propositivi, il momento è propizio per l'ora X! sì certo, quel migliorista malnato di Napolitano magari c'avrà qualcosa da ridire, ma con l'uscita recentissima dell'altro giorno su un futuribile presidente della Repubblica donna, beh, chiaramente ha scapocciato ormai, o è stato plagiato dal Mario - spiegandosi così anche la deprecabile condotta tenuta questi ultimi mesi -, e l'infermità mentale non gliela toglie nessuno! Aldo dice ventisei per ventidue!]

23 marzo 2012

Che fare? Что делать? dall'art. 18 un punto di partenza

Come in tanti anni ricordato, dieci anni fa, il 23 Marzo 2002, era il giorno della storica manifestazione della CGIL in difesa dell'art. 18. Il culmine di una grandissima mobilitazione, vittoriosa, che ebbe il merito, oltre di bloccare i tentativi di modifica dell'art. 18 proposti all'epoca dal governo Berlusconi, di rappresentare, dopo le elezioni del 2001 e il G8 di Genova, un punto di ripartenza, di riscossa per la sinistra e le opposizioni dell'epoca (che portò ad una ripetuta serie di successi, al termine dei quali, con le elezioni del 2006, si ebbe veramente una grande possibilità di svolta per l'Italia - ma sappiamo com'è andata a finire). Quello che, per inciso, è mancato dopo la sconfitta elettorale del 2008.


L'attacco reazionario portato avanti dal governo Monti, oggi, è più pericoloso, per molti aspetti, di quello che poteva portare avanti Berlusconi. Per ragioni semplici: hanno i voti in Parlamento, il consenso dei mezzi di informazione, l'appoggio di molti poteri forti, e soprattutto la ferma convinzione e la piena volontà politica delle misure che vogliono mettere in atto. Nel caso specifico dell'art. 18, le modifiche proposte all'epoca da Berlusconi, sperimentazione di sospensione per le nuove assunzioni per determinate categorie, erano ben poca cosa all'abolizione de facto che vogliono approvare oggi.
Che fare? Что делать?, come diceva il compagno Lenin.
Tocca cercare anche di essere positivi. Non possiamo continuare sempre a stare sulla difensiva, a giocare in perdita. La "riforma" non deve passare, questo è il primo punto, irrinunciabile, chiaro. Ma la mobilitazione che si deve costruire, soprattutto, dovrà essere, come dieci anni fa, oggi con ancora maggiore urgenza, e soprattutto sarà l'occasione, per creare un punto di partenza, dal quale ricostruire un movimento di opposizione, con l'obiettivo di costruire un'idea, una politica, radicalmente differente.

22 marzo 2012

Sull'art. 18 non ci si può passare sopra. Una "riforma" scellerata.

Sulla "riforma" del mercato del lavoro non ci si può passare sopra. Sto francamente, profondamente, incazzato.
Il Governo, con il testo che propone, cancella l'art. 18, punto. Non lo modifica, lo elimina proprio. Chiamando "riformismo" la reazione, il tornare indietro di 50 anni. Non ci si può passare sopra. E i corifei che ne tessono le lodi, dopo che hanno culturalmente spianato il terreno, sulle quattro sciocchezze che sarebbero state date "in cambio". Com'è che dicevano, che sarebbe stato fatto un unico contratto, 3 anni a tempo determinato, poi a tempo indeterminato? Eh già, parecchio. Tralasciando poi il punto di base, che d'ora in poi qualsiasi contratto, pretesamente a tempo indeterminato, viene precarizzato, permettendo di licenziare chiunque come e quando pare, con la scusa del motivo economico. 
Gente come Scalfarotto, che sta lì a fare il vicepresidente del Partito Democratico: ma si rende conto che sta parlando? La domanda è di partenza retorica, è piuttosto noto per esprimere i suoi dubbi politici sul web, anziché negli organismi dirigenti, ma sull'art. 18 si batte, quando esalta il fatto che, rivoluzionario, il Governo estende a tutti la tutela dal licenziamento discriminatorio. Com'è che recita l'art. 3 della legge 108 del 1990, sulla disciplina dei licenziamenti individuali? "1. Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie ai sensi dell'articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo 13 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, le conseguenze previste dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dalla presente legge. Tali disposizioni si applicano anche ai dirigenti. "
Ah, poi quando ci si appella ai principi costituzionali, "la sovranità del Parlamento". Sovranità del Parlamento. Che notoriamente si esprime infatti proprio con i decreti legge, o i voti di fiducia. Il Governo vuole approvare queste misure, e in specie sull'art. 18 non farà passi indietro o modifiche. Questo è, inutile girarci intorno. E per farlo, il provvedimento arriverà in Parlamento bloccato, appunto o per decreto legge (incostituzionale), o verrà approvato con voto di fiducia, senza permettere emendamenti sul punto.
Quindi. L'abolizione dell'art. 18 è un punto dirimente, una battaglia che non si può perdere. Bisogna porre un freno a un governo reazionario, di destra e dannoso. La Fornero. Scellerati. Nel Parlamento sovrano, il PD se volesse è in grado di bloccarlo. Hic Rhodus, hic salta.

29 febbraio 2012

Politiche sparse

Robe varie sparse.
Veltroni pare si sia offeso per qualche dichiarazione di Vendola, che in soldoni gli ha dato del destro, e vorrebbe scuse formali etc etc, e nel PD inevitabilmente gli danno sostegno e solidarietà. Premesso che, nel merito, Vendola c'ha piena ragione (e altrettanta Mussi nella replica), la cosa puzza alquanto, qui si vuole artatamente montare su il caso politico, Fassina stesso, con l'appoggio di Bersani, non è che nella sua lettera di risposta all'intervista di Veltroni settimana scorsa abbia usato toni e termini molto diversi (e neanche Orfini quest'oggi).
Monti annuncia di volere un "graduale spostamento dell'asse del prelievo dalle imposte dirette a quelle indirette", nel silenzio generale. E io che ero rimasto che la tassazione indiretta, IVA e affini, per sua natura, è più iniqua, in quanto non progressiva e slegata dalla capacità contributiva. Mah.
Da ultimo, il fiscal compact, il deleterio accordo capestro siglato da quasi tutti i governi europei, che lega mani e piedi tutti i contraenti a politiche economiche, quantomeno per l'Italia, eterodirette, dannose e insostenibili. In Irlanda l'accordo verrà sottoposto a referendum. In Italia, è oggettivamente difficile trovare qualcuno che sappia vagamente di cosa stiamo parlando. Poi, si scopre anche che perché l'accordo entri in vigore, è sufficiente venga ratificato da solo appena 12 dei 25 firmatari. E che non solo, che la ratifica è di fatto obbligata, pena l'esclusione dalla copertura del fondo salva-stati. Un profondo ripensamento di cosa è o è diventata l'Unione Europea è urgente e prioritario, e appunto, non si può lasciare questi temi alla propaganda di estrema destra.

22 febbraio 2012

ICI sui beni ecclesiastici, abbassamento dell'IRPEF... cosa c'è, al netto dei titoli e della propaganda?

Al netto dei titoloni giornalistici, qual è la situazione alla presentazione della bozza del (ennesimo) decreto, stavolta a tema fiscale?
Della tanto sbandierata parziale estensione dell'ICI su alcuni beni ecclesiastici, al momento non vi è traccia.
I tagli all'Irpef, sui quali ieri si è concentrato l'entusiasmo mediatico? A partire, forse, dal 2014, se e dopo l'ipotetico raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 (che richiederebbe in primis una qualche crescita del PIL), con le eventuali risorse recuperate nella lotta all'evasione fiscale. Ah, e il tutto da effettuarsi per mezzo del futuribile nuovo governo che dovremmo avere dal 2013 (della serie "col culo degli altri..."). 
Altro?

9 febbraio 2012

"Meno della m...a"

Ok, Bracconi e commentatori a ruota c'hanno ragione, che in effetti sentire un deputato del PDL che adesso parla di dignità del Parlamento cancellata dai voti di fiducia, dopo i 3 anni e mezzo di governo berlusconiano, è abbastanza ridicolo. Ma ci sta poco da stare allegri. Il Governo Monti sta dimostrando, fin dalla sua nascita, un palese disprezzo, a stento mascherato da sufficienza, nei confronti del Parlamento, dei partiti e della politica in genere (e ampliando ulteriormente il campo, stesso atteggiamento lo si vede nelle relazioni sociali, nel preteso "dialogo con le parti sociali"), e sta andando avanti a forza di voti di fiducia, decreti legge privi spesso di qualsivoglia requisito di straordinaria necessità e urgenza. Nella sostanza, niente di già visto, ma stavolta accompagnato appunto dalla palese convinzione che il Parlamento, i partiti, i sindacati, sono qualcosa di assolutamente accessorio, formalità da sbrigare in fretta, mettendoli di fronte al fatto compiuto. 
"Il governo ci tratta meno della merda", ha detto tal Bianconi. Sarà pure ridicolo che sia uno come lui a dirlo, ma è oggettivamente vero. E non c'è niente di positivo in tutto: sarà pur vero che la classe politica attuale è penosa, e magari forse se lo meriterebbe anche, ma non è che se non è Berlusconi a farlo allora va tutto bene, o ce se ne può disinteressare. 
Ma nessuno, o quasi, pare averci qualcosa da ridire, complice il discredito generale della politica: avanti col prossimo decreto, ed intanto tutti soddisfatti a sbrodolarci con la copertina del Times con Monti.

31 gennaio 2012

Un limite alla propaganda sull'art. 18 no?

Va bene che la grande stampa, Repubblica in testa, ha deciso di appoggiare pienamente il Governo Monti.
Ma c'è un limite anche alla propaganda.
Come si può vendere la prospettata abolizione dell'art. 18 con titoli come "Nuovi assunti senza articolo 18 ma in cambio addio al precariato"?
Addio al precariato. Perché, la possibilità di essere licenziati dall'oggi al domani senza preavviso e senza neanche vera necessità economica dell'azienda che sarebbe?
E per i licenziamenti discriminatori, che si dice che tanto rimarrebbero "vietati", che ci sarebbe, obbligo di reintegro, o semplice indennizzo economico?
E' un'enorme fregatura, un regalo alle aziende, che potranno avere mani libere e soprattutto evitarsi il contenzioso giudiziario, senza alcuna ricaduta positiva sull'occupazione e sull'economia.
E invece ogni giorno tocca sorbirsi 'ste cazzate. E daje e daje, creano il senso comune.

12 gennaio 2012

La bozza del Decreto Liberalizzazioni: ma dove stiamo andando?

Le notizie del giorno sono chiaramente la bocciatura dei referendum sulla legge elettorale e la Camera che ha respinto la richiesta di arresto per Cosentino.
Sui referendum, e vabbe' daje, tange relativamente, francamente è alquanto improbabile pensare di cambiare la legge elettorale attraverso un referendum, i casi dell'anno scorso sono stati eccezionali, ed erano tirati da temi di ben altro seguito popolare e condivisione. Adesso punto a capo, e torniamo al nodo fondamentale, che anche all'interno dei maggiori partiti stessi non c'è condivisione su un modello elettorale, tantomeno quindi di una maggioranza in Parlamento. Se poi magari si partisse dal cercare di capire quale sarà il sistema politico italiano tra un anno, quando ormai verosimilmente si dovrà votare, e da lì cercare di capire che legge elettorale fare, potrebbe essere un approccio abbastanza costruttivo al problema.
Cosentino poche parole, brutta pagina, per il PDL, ma soprattutto per la Lega Nord e Bossi.
Nel complesso però, due notizie abbastanza prevedibili, e di rilevanza relativa.

Parliamo allora invece della bozza, diventata pubblica, del decreto legge "Liberalizzazioni" steso dal Governo Monti. Questo è il link su Repubblica.it, vale la pena dargli una letta, non è molto corposo.
Qualche notaio e farmacia in più, interventi molto poco condivisibili sulle tariffe professionali, distributori. Una grossa porcata sull'articolo 18, sospeso per le aziende che nascono dalla fusione di imprese sotto i 16 dipendenti, se nel complesso rimangono sotto i 50. Privatizzazione dei servizi pubblici locali. 
Magari tanti queste misure le condividono in toto.
Ma questa sarebbe la "Fase 2"? Queste sarebbero le misure che permetterebbero di rilanciare l'economia, l'occupazione, i consumi?
Al momento, ciò che si è visto prima con le "retate" mediatiche a Cortina, quindi con tutta la storia delle liberalizzazioni, è propaganda o poco più. A prescindere da una valutazione sulla loro efficacia, positività o negatività, sono misure che essenzialmente mirano al, e creano, consenso. Necessarie dopo le mazzate della "Fase 1".
E' politica, ci sta. Poi, stiamo in fedele esecuzione delle direttive europee. Ma allora, deve far riflettere, e fa impensierire, che dall'Europa, in questi anni, non è arrivato e non arriva nient'altro. Rigore e risanamento finanziario da un lato, liberalizzazioni dall'altro. Questo è preciso quello che stiamo facendo, la linea guida di Monti e del suo governo.
Ma pensiamo davvero che ne riusciamo a scappare fuori dalla crisi in questo modo?

19 dicembre 2011

Fumo negli occhi bis

Tornando sulla serie "fumo negli occhi". A leggere i titoli degli ultimi giorni, pare che l'unica macchia ascrivibile al prode Monti sarebbe quella delle mancate "liberalizzazioni", vulnus da sanare il prima possibile, che "i consumatori prima di tutto", come ci tweetta fiero e baldanzoso Casini. Perché è evidente, sì, IMU, IVA, tagli ai servizi pensioni etc, ma tutto si risolverà, se aumentiamo il numero dei taxi in circolazione e permettiamo la vendita dei farmaci di fascia C anche nelle parafarmacie. Aspettando poi di vedere tornare crescita e posti di lavoro, "liberalizzando" biechi ordini  professionali come quello degli avvocati. Che sono noti gli stretti vincoli  medioevali, come possiamo permetterci di avere solo 500mila avvocati in Italia? Un articolo di tre settimane fa, a memento sul furore liberalizzatore.
Quindi; effettivamente abbastanza ridicoli i leghisti che provano a reinventarsi, proponendosi quali strenui avversari di una manovra economica frutto e sulla stessa linea di intervento di tutte quelle degli ultimi anni, di loro governo, ma anche tutti coloro che dopo avere giustamente attaccato e criticato Tremonti, ora si sentono in dovere di difendere la manovra Monti a spada tratta, beh non scherzano mica.

5 dicembre 2011

"Equità"

Non è che la manovra "Salva Italia" così come è stata presentata non abbia abbastanza "equità", è solo e semplicemente del tutto iniqua. Profondamente iniqua.
Misure come quelle sull'innalzamento della soglia delle pensioni di anzianità, del blocco delle rivalutazioni, l'aumento dell'IVA, gli ennesimi tagli ai servizi e agli enti locali, e la reintroduzione dell'ICI sulla prima casa, così generalizzata, sono provvedimenti del tutto inaccettabili. Misure economiche apertamente di destra. Così come la giustificazione dell'inatteso mancato innalzamento dell'aliquota più elevata, perché se no era una misura impopolare. Mentre a scaricare invece il peso delle misure sul lavoro dipendente di ceto medio-basso, che non può fare altro che subire, non c'è nessun problema.
Tutto ciò, si ripete per l'ennesima volta, in nome dell'obiettivo quasi suicida in queste condizioni di recessione del pareggio di bilancio, senza che si faccia nulla alla radice, per favorire la crescita, mettere sotto controllo i mercati, ed evitare che speculazione e irrazionalità degli stessi continuino a creare situazioni come questa.
Frattanto, "in Europa", stanno discutendo di modificare i trattati, e di prevedere sanzioni automatiche per gli Stati che sforassero i paramentri previsti. Sa' ganzu, tipo se ci mettessero anche le sanzioni. Yes, good idea.
Vediamo che succederà. Quantomeno, dal punto di vista politico, questo sarà il momento del discernimento, dello scegliere e del prendere posizione.

1 dicembre 2011

Pensioni "in Europa"

Premesso che a prescindere fa abbastanza schifo il concetto stesso che per raccogliere soldi si parta sempre per fare cassa dalle pensioni, e che oltre un certo limite sono proprio moralmente inaccettabili i continui innalzamenti dell'età pensionabile, delle pensioni di anzianità, addirittura del blocco dell'indicizzazione al tasso di inflazione, adesso, perché il governo Monti si ha da sostenere, tutti a parlare che "in Europa" si va in pensione più tardi, e che tocca allineare l'Italia al resto dell'Europa.
Sì, ma parliamo anche di quali sono gli stipendi "in Europa", quant'è il contributo previdenziale sugli stipendi "in Europa", quanti soldi valga una pensione "in Europa".

30 novembre 2011

NovemberFest 2011, misure anticrisi

Leggi le notizie odierne sulle misure economiche che si vengono preparando per l'Italia, e ti piglia lo sconforto, ma ti ci incazzi anche, che basta fare il titolo che ci dice come è stata innalzata l'età per percepire il vitalizio da parlamentare a 65 anni per coloro che hanno fatto un solo mandato, e 60 anni per i pluri-mandato, e tutti stanno felici e soddisfatti, per fortuna è arrivato il governo Monti il nemico della casta.
Bah.
E dire che si era pure ben disposti in questi giorni, che sabato sera a Perugia s'era organizzata la "NovemberFest", col fine precipuo di puntare a risolvere la questione dello spread, recuperando la credibilità internazionale persa per non avere celebrato l'Oktoberfest nel 2010 e nel 2011. Sempre più perfido e dannato Olli Rehn, che mica s'è degnato di venire.

28 novembre 2011

Quota 1500! ed emozionanti fotogallery appresso

Amici e compagni! Se le statistiche di Blogger non mentono, con estrema gioia si comunica che questo è il post numero 1500 di questo blog.
Oltre a ringraziare tutti coloro che da quasi cinque anni a questa parte per una ragione o per l'altra capitano da queste parti, due segnalazioni tratte dalle fotogallery odierne di Repubblica.it (oltre al domandarsi la ratio della misteriosa e assolutamente ingiustificata sovraesposizione, sempre sul sito di Repubblica, di Bonelli Angelo e di ciò che è rimasto Verdi): la commovente storia del lupo che, fedele ai detti sui peli che tirano alla grande, si è fatto 1100 km per accoppiarsi (commuove noi come commuove l'America, e una storia d'amore di tale tenerezza è un ottimo viatico per il futuro di questo post); quindi, l'emozione di vedere il grande bello bravo e simpatico Mario Monti uno di noi calpestare lo stesso suolo che anch'io calpesto ogni settimana a Roma Termini al binario 1, al termine di un viaggio in treno dal verosimile e popolare costo di € 116,00 (sì, uno di quei treni sui quali sono dirottati la grandissima parte degli investimenti pubblici, che viaggiano pressoché vuoti e che hanno la priorità su tutta la linea nazionale, e per i quali il resto della rete ferroviaria nazionale peggiora ogni giorno in termini di prezzi, frequenza e qualità del servizio).

17 novembre 2011

Il Governo Monti (o del ritorno al governo degli optimates)

Tanto ad abundantiam, si sta abbastanza guasti, le linee programmatiche del Governo Monti sono alquanto preoccupanti, e altrettanto preoccupante è la "macchina del consenso" trasversale - Repubblica in testa - che si è messa in moto, tutta tesa a dimostrare la bontà e la necessità del nuovo governo. 
Senza entrare nel merito di ogni ministro, nel complesso tutte personalità di indubbio rilievo, ma legate mani e piedi, meglio, proprio espressione diretta, dei vari potentati, grandi banche, mondo confindustriale, università private, grand commis di stato, chiesa cattolica. Quello in pratica che dovrebbe essere un governo di destra in un paese serio, ma lasciamo stare.
In tutto ciò, pare di essere tornati alle teorie ciceroniane, al governo degli optimates, l'oligarchia alla quale affidare il governo dello Stato, in nome di una sua superiorità etica e tecnica rispetto alla politica parlamentare. E' una deriva pericolosa. Non abbastanza, si sta proprio guasti.

16 novembre 2011

Questione democratrica (e miglioristi malnati)

Tra non molto avremo questa lista di ministri, la fiducia, e forse capiremo di che morte morire.
Intanto altre due note.
Uno, alla faccia di chi per anni ha chiacchierato di un Napolitano presidente fantoccio, dipingendolo come un vecchio incapace e addormentato. Ha gestito la crisi politica con un'autorità che pochi altri presidenti della Repubblica avrebbero avuto, decidendo, se non anche imponendo, i tempi e la sua soluzione (e nel merito della soluzione, migliorista malnato!).
Due, è un dato di fatto oggettivo che alla fine le dimissioni del governo Berlusconi non sono state dovute all'azione dell'opposizione, fuori e dentro il Parlamento, o soprattutto alle profonde spaccature all'interno della ex maggioranza del 2008. Il "quid" scatenante di cui si è ripetutamente parlato è stata la pressione insostenibile della sfiducia nei mercati e delle istituzioni economiche europee, che prima hanno forzato le dimissioni, quindi di fatto imposto l'incarico a Monti, uomo certo più di fiducia, con le elezioni rimandate alla data naturale del 2013. C'è una lesione della sovranità nazionale in tutto ciò? Sì. Il caso italiano è del resto solo uno degli esempi, neanche due settimane fa c'è stata la vicenda di Papandreou, dimessosi dopo aver dovuto ritirare dietro alle pressioni esterne il referendum promosso sulla politica economica. E desta molte preoccupazioni per il futuro. Ok, il governo Berlusconi era un morto che camminava e fa' poco testo, ma bisogna riconoscere come un ipotetico futuro governo di sinistra in Italia, che andasse a promuovere una politica economica di un certo tipo, probabilmente sgradita a livelli superiori, potrebbe essere senza problemi forzato anch'esso alle dimissioni, stretto a tenaglia tra le pressioni degli organismi economici sovranazionali e una possibile crisi delle borse, dello spread, di un mercato tutt'altro che razionale. C'è insomma una vera questione democratica, di portata europea. La politica, la democrazia rappresentativa, non può essere legata mani e piedi da organismi economici privi di legittimità, da agenzie di rating opache, dall'irrazionalità del mercato. Questione democratica da affrontare con decisione e congiuntamente a livello internazionale, che deve diventare una delle parole d'ordine delle sinistre europee, ma che al momento nessuno, ad alti livelli pare porsi come un problema (del resto, siamo i figli di vent'anni di dogma del mercato, dell'unità europea costruita sui feticci liberisti del pareggio di bilancio, della politica discussa tra i capi di governo nei vertici internazionali, e delle politiche economiche imposte dai tecnici del FMI o della BCE).