Quella che avanza è l'idea del moderno "partito leggero" non nel senso del partito dei pochi (questa semmai sarebbe una conseguenza non voluta). Ma nel senso di: un partito in cui iscritti e militanti perdono peso effettivo rispetto all'elettorato e alle associazioni federate; che utilizza le competenze così come le offre il mercato intellettuale; che aggrega forze su issues e programmi specifici; che, in sostanza, si propone di ascoltare, di interpretare la società (una sua parte), più che trasformarla, strumento più che soggetto, soprattutto rappresentanza istituzionale e collettore elettorale. [...]
La "forma partito" come oggi si presenta nelle moderne democrazie occidentali è tendenzialmente proprio quella che si propone come "innovazione" vacua e apparente. E questo ci aiuta meglio a comprenderla. Perché guardando ai fatti si vede facilmente che un tale "partito leggero" -anche quando è di sinistra- non è leggero affatto e che il suo modo di "ascoltare la società" è di tipo assai particolare. E' un "partito leggero" che sopperisce alla fragilità dei suoi legami di massa e alla precarietà del suo tessuto culturale con una forte accentuazione del ruolo personale del "leader"; che è gestito da apparati di potere non meno stabili e separati di quelli antichi (parlamentari quasi inamovibili, tecnici dell'informazione e dell'amministrazione, amministratori locali, manager delle cooperative, burocrazie sindacali) cioè pezzi dell'establishment; che deve costruire il consenso prevalentemente con l'uso dei media (o meglio cercandone il non disinteressato sostegno) e mediando corporazioni varie, buone e cattive. La conseguenza diretta è la passivizzazione politica delle classi subalterne al suo esterno (l'assenteismo nel voto) e al suo interno (come può, chi non sa, diventare dirigente?). La conseguenza indiretta è un tipo di consenso elettorale che non regge, e non può reggere a prove di governo aspre, dunque una necessaria autoriduzione dei programmi, un "ascolto della società" che seleziona e rispetta i rapporti di forza esistenti. Il "riformismo di basso profilo" diventa non una scelta, ma una necessità. Non stiamo descrivendo solo i partiti conservatori e centristi (che poi in Italia assumono specificamente il carattere del partito-Stato) ma anche la moderna tendenza degli stessi partiti "progressisti", dal Partito democratico americano, a quelli socialisti francese o spagnolo. In parte è anche la tendenza già in atto nel Pci. [...]
Si consideri che è stato scritto 22 anni fa, "Una nuova identità comunista", un documento precongressuale per il XVIII congresso del Pci.