17 ottobre 2011

Dopo gli scontri del 15 ottobre

La reazione a come è andata a finire la manifestazione di sabato 15 ottobre a Roma è una profonda rabbia, per come è stata buttata via una grande piazza, una manifestazione che poteva veramente contribuire a dare una svolta all'attuale situazione di stallo. E invece oggi dobbiamo stare qui zitti a sentire parlare di reazione, di leggi speciali.
Vabbe'.
Che la possibilità di scontri era concreta ce lo si sapeva un po' tutti, la tensione in giro è abbastanza palpabile, e altrettanto si sapeva che l'organizzazione (e la piattaforma della manifestazione) era alquanto caotica, confusa e approssimativa. Ma è andata peggio di come ci si aspettava, come è stato giustamente rilevato da diversi osservatori con la violenza rivolta in primo luogo verso gli stessi manifestanti, sfruttati come carne da macello, o che hanno addirittura pagato pesantemente di persona, come il compagno Enzo Mastrobuoni.
Brutta aria. Anzi che ci si è risparmiati quasi del tutto questa volta una serie di distinguo, i giustificazionismi che hanno accompagnato certi episodi come alcuni degli scontri in Val Susa, e soprattutto sempre a Roma il 16 dicembre scorso. Il retroterra è quello. Stessa prospettiva dello scontro fine a sé stesso, con l'ottica del tanto peggio tanto meglio. Lo Stato... Boh, certo le condizioni "sul campo" non erano agevoli, e di sicuro è facile dare giudizi da dietro una tastiera. Però che ci sia stata quantomeno una inadeguatezza nella prevenzione di scontri annunciati (che se lo capiva il cittadino medio, ci si augura che al Ministero degli Interni certe cose le sappiano).
Che fare. In primo luogo adesso vigilare, anche in campo "amico" (leggesi Di Pietro) per preservare gli spazi di esercizio della democrazia, contro le leggi speciali e quant'altro. Che già, leggo in questo momento, la Questura di Roma ha negato l'autorizzazione alla FIOM per un corteo questo venerdì a Roma. E in piazza... Anzitutto evitare ammucchiate e mancanza di organizzazione, quindi smettere decisamente di ammiccare o giustificare certi movimenti, e isolarli con forza, infine cercare di ricreare un vero servizio d'ordine, non quattro regazzetti che si tengono sottobraccio, ma gente che si assuma rischi e responsabilità, che c'è poco da scherzare. Se no, ce la scordiamo la democrazia.

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