21 dicembre 2011

Matematica spicciola

Come la Gelmini a inizio mandato, anche la Fornero si è resa conto che magari gli stipendi in Italia sono un po' bassi, e sarebbe (badando bene a utilizzare il condizionale) da alzare. Ehhh.
Matematica spicciola.
Da una trentina d'anni uno dei pilastri della politica economica/salariale italiana è la moderazione salariale. E' un dato di fatto, pacifico, il principio per cui, nella migliore delle ipotesi, lo stipendio aumenta, col passare del tempo e il rinnovo dei contratti, solo tenendo come indice di riferimento (neanche automaticamente, che non c'è la "scala mobile") il tasso di inflazione. In altre parole, negli ultimi trent'anni in generale il lavoro dipendente ha perlopiù mantenuto invariato il proprio potere d'acquisto, la propria ricchezza. Qualcuno un po' (poco) è salito, qualcuno s'è anche impoverito (qualcuno in più, perché al netto dell'inflazione, sono nate o aumentate diverse ulteriori voci di spesa).
In questi ultimi trent'anni, però, la ricchezza globale prodotta dal paese, dalle imprese, dai servizi, è altrettanto pacificamente cresciuta. L'economia italiana del 2011 non è certo quella del 1981. Certo, singolarmente parlando, chi più, chi meno, e tanti sono andati a gambe all'aria, ma le aziende, le imprese, nel loro complesso, hanno prodotto fatturato, hanno creato profitto. 
Di questo profitto, di questo differenziale di ricchezza prodotta, il lavoro dipendente non ha goduto i frutti, essendo le retribuzioni rimaste invariate. Non vi è stata alcuna redistribuzione dei redditi, ma anzi, una loro significativa divaricazione, ampiamente certificata.
Capitolo ulteriore, come è stato utilizzato questo plusvalore? In parte, come almeno auspicabile, reinvestiti in attività produttive, creazione di nuove attività, ammodernamento. Ma la classe imprenditoriale italiana, nel suo complesso, è quello che è. E la ricchezza prodotta in questi ultimi decenni, anziché ripartirsi in maniera equa, o utilizzata per rilanciare e rendere competitivi i settori produttivi, è stata investita in speculazione, contribuendo largamente a gonfiare oltremodo l'economia "dei mercati", i cui frutti sono sotto gli occhi di tutti.

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