Intervengo solo ora sulla questione del "decreto interpretativo", perché la cosa ha dato abbastanza da pensare.
Di sicuro, c'è l'arroganza e la gravità politica dell'atto di una parte politica (incompetente) che si cambia le regole per propria utilità e per rimediare a stupidi errori procedurali.
La questione che il diritto di voto sarebbe stato menomato dall'esclusione di Formigoni in Lombardia, e in misura minore delle liste del Pdl a Roma è però reale, e oggettivamente la democrazia deve essere un fatto sostanziale oltreché formale, e una qualche soluzione, anche per evitare inutili tensioni, era effettivamente il caso di trovarla.
Resta il fatto che però, politicamente, è una gran porcata.
Ha dato anche molto da pensare Napolitano. Sicuramente ha collaborato a una cosa che, detto sopra, è politicamente una porcata. D'altra parte, il ruolo del presidente della Repubblica è di mediatore, e c'era anche la volontà di rimandarle le elezioni in campo, ha cercato di trovare una soluzione che al contempo garantisse in modo sostanziale la piena partecipazione al voto e il rispetto delle norme, e se il decreto alla fine presentatogli rispettava i criteri di legge previsti, poteva politicamente far schifo quanto gli pare, ma era tenuto a firmarlo. Alla fine, tutto considerato, si è probabilmente comportato nell'unico modo possibile.
Di Pietro vabbe', lasciamo stare, non si capisce perché ogni volta che viene approvato qualche atto discutibile, deve necessariamente spaccare il fronte delle opposizioni, andando a fare polemica pesante contro il presidente della Repubblica.