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1 dicembre 2010

Del perfido Latorre

Sempre della serie grande è la confusione sotto il cielo.
Nicola Latorre, notorio fedelissimo del Lider Maximo nostrano, detestato come simbolo del dalemismo deteriore da tanti democratici diciamo ex veltroniani e post franceschiniani (?!?), di quelli che oggi insomma il nuovo simbolo è Vendola, ha l'altro giorno proposto esattamente la stessa cosa che essi vagheggiano, una rifondazione del PD con nuovi soci fondatori, e Vendola appunto tra di essi, immaginando SEL non come un partito autonomo, ma come un semplice movimento di opinione vendoliano, che potrebbe benissimo far parte del Partito Democratico.
Mah!

16 novembre 2010

Gramsci, Renzi, ed altre amenità piddine

Sulla crisi di governo che si sta aprendo (o meglio, apettiamo che passino queste quattro settimane...) c'è poco da dire: era ora, e se avesse un minimo di buon senso e di correttezza Berlusconi avrebbe già dovuto dimettersi per suo conto. Conosciamo bene il tipo, e sappiamo già che invece che sarà un bel travaglio. E vabbe'. Anzitutto ci caviamo finalmente 'sto dente, e brividi a pensare che forse è finalmente la volta buona. Da registrare è che purtroppo è una vicenda tutta interna al centrodestra, con il resto dell'opposizione che rimane al chiodo, e che le prospettive rimangono molto incerte (specie sulla possibilità di un accordo per la riforma della legge elettorale).
Detto ciò, passiamo a uno dei più tipici passatempi del commentatore politico dilettante, una disamina sulla situazione del PD (suvvia, era un po' che mancava da queste pagine). Che alcune cose frullavano da un po'.

C'è un noto passaggio di Gramsci, ripetutamente ripreso fino a non troppi anni fa, in cui si parla dei tre elementi alla base di un partito.
1 - «Un elemento diffuso, di uomini comuni, medi, la cui partecipazione è offerta dalla disciplina e dalla fedeltà, non dallo spirito creativo ed altamente organizzativo....essi sono una forza in quanto c'è chi li centralizza, organizza, disciplina, ma in assenza di questa forza coesiva si sparpaglierebbero e si annullerebbero in un pulviscolo impotente»
2 - «L'elemento coesivo principale [ ... ] dotato di forza altamente coesiva, centralizzatrice e disciplinatrice e anche, anzi forse per questo, inventiva [ ... ] da solo questo elemento non formerebbe un partito, tuttavia lo formerebbe più che il primo elemento considerato. Si parla di capitani senza esercito, ma in realtà è più facile formare un esercito che formare dei capitani»
3 - «Un elemento medio, che articoli il primo col secondo elemento, che li metta a contatto, non solo fisico, ma morale e intellettuale».

Ecco, mo' non è che serva necessariamente tornare al centralismo democratico, però tra questo e ciò che accade da molto tempo nel PD un giusto mezzo ci sarebbe anche. Sotto questo aspetto, la cosa più preoccupante che sta accadendo da molti mesi è la continua delegittimazione e sfiducia che sta attraversando il partito in ogni suo livello, dalla base alla segreteria. Sta venendo a mancare lo stesso rispetto reciproco, che tra membri di un partito si ritiene dovrebbe sempre sussistere, anche in caso di disaccordo.
Quindi, con specifico riferimento a Renzi. Precisu ciò che si diceva. Sicuramente nel movimento che gli si è accodato c'è del buono. Ma non si può giocare a lanciare merda sul proprio partito, solo per il proprio tornaconto personale. Un arrivista, e dalla dubbia identità politica. E fa un po' specie sentirlo chiedere la "rottamazione" dei dirigenti. Ora, un problema generazionale nella politica italiana indubbiamente c'è. Ma è un problema un tantino più complesso di come lo presenta taluno. Per dire, oggettivamente nel PD non sono certo pochi i dirigenti sotto i 40. A livello di unioni comunali, federazioni, segreterie. Renzi non è esattamente il militante di sezione qualunque. Presidente della provincia di Firenze, ora sindaco del capoluogo di una delle regioni rosse... insomma, se non è un dirigente lui, ben ancorato nel partito, curioso di sapere chi lo sia. E come lui tanti altri. Che magari, fassiniani nel 2007, veltroniani nel 2008, franceschiniani nel 2009, mo' oggi, con qualche poltroncina frattanto guadagnata, si scoprono renziani e ribelli. E pronti alla lotta. Dura eh. Mah.
Se il Partito Democratico incontra tanti ma tanti di quei problemi, e sta riuscendo a sperperare milioni di voti, le cause sono tante. L'inadeguatezza della classe dirigente sicuramente è una di queste, specie in un sistema politico-mediatico che ricerca il leader più che le idee. Ma i problemi vari stanno proprio alla radice, nel manico. Se su tanti temi non riesce a trovare una sintesi, una posizione comune, non è tanto colpa di Veltroni, D'Alema o chi per loro, è perché ciò ontologicamente non è possibile, che c'è nato proprio con l'idea di fondere e superare culture troppo diverse, alla ricerca di una fantomatica idea nuova. Dopodiché, i problemi mica sono tutti del Nazionale. Anzi. Il consenso sta scomparendo anzitutto a partire dal territorio. Dove sta venendo a mancare l'organizzazione, la partecipazione, il sentirsi comunità. Appunto, sta scomparendo il Partito, nel senso più proprio del termine, e si sta trasformando in una dépendance degli amministratori. Di questo, tantissimi sono i "giovani" che ne sono corresponsabili, essendo a loro spesso affidato il livello territoriale o la sua gestione. Gli stessi "giovani" che oggi a sentirli vorrebbero fare la rivoluzione. Anche qua in Umbria gli esempi non mancano. Il problema generazionale a mio modo di vedere sta essenzialmente in questo, che un "giovane" arrivato, probabilmente grazie all'ambiente giusto, a livello dirigenziale, si ritrova a operare e a gestire un partito senza preparazione, senza una vera conoscenza del territorio, delle sue necessità e problemi, e senza una visione complessiva, una capacità di analisi. E ad aggravare la cosa, che non vi sono strumenti per rimediare. E che quindi è destinata a ripetersi sempre più negli anni a venire.
Sono problemi grossi, che non si possono risolvere con qualche seminario, o pensando che basti una primaria a selezionare una classe dirigente. O ancora, che basti fare una "rottamazione".

15 ottobre 2010

Impossibilità ontologiche del PD

La polemica sulla mancata adesione del PD alla manifestazione della Fiom, purtroppo, è piuttosto inutile.
Non si può pretendere che vi aderisse, quando una buona metà del partito tra la FIOM e Marchionne si schiererebbe con Marchionne, e vede non solo la FIOM, ma la CGIL stessa, come un soggetto terzo dal quale tenere delle distanze.
Certo, con la non-posizione della partecipazione a titolo personale il PD continua a non affrontare le questioni, a non darsi un'identità precisa.
Ma il punto è che proprio ontologicamente, per come è, è stato pensato ed è nato che non può avercela una sua posizione chiara e univoca, possibilmente di sinistra.

30 agosto 2010

Staccare

Ben ritrovati.
Fa sempre bene staccare un po', che magari al ritorno capace pure che si senta qualcosa di ragionevole. Tipo la presa d'atto sempre più generalizzata a sinistra della necessità di ricostruire un soggetto unitario, Nuovo Ulivo o quel che ci pare, e il seppellire le teorie della pretesa autosufficienza del Pd, che tanti danni hanno portato. E che, visti i casini che ci sono stati, serve urgente una riorganizzazione, che qualche mese comunque richiederà. E, magari, una nuova legge elettorale.

Se n'è jitu quillu soggettone de Cossiga. Kordoglio, come ha scritto qualcuno. Mmh!

Per fortuna che pronto è tornato Gheddafi, sempre pronto a piglia' per il culo, e noi che gli si dà retta e lo si prende sul serio.

6 agosto 2010

Analisi, possibilità e latinetti... a settembre si balla!

Preso dagli otia, il vir bonus Nicola rischia di trascurare i negotia.
Sia mai!
A parte i latinetti, prima della partenza verso altri orizzonti un paio di parole sull'attuale situazione sono da spendere.

L'altro giorno con la quasi sfiducia a Caliendo si è certificata la crisi totale della maggioranza di governo.
Verosimilmente, si aspetta l'autunno, e abbastanza presto la crisi verrà aperta.
Che fare?
E' indispensabile scongiurare la possibilità di crisi immediata, con elezioni anticipatissime, in autunno. Sarebbe il disastro, l'opposizione versa in uno stato ancora di confusione tale che ci si ritroverebbe una nuova maggioranza Pdl/Lega Nord, solo che senza i finiani, nonostante il totale fallimento di quest'ennesima esperienza berlusconiana.
Governo tecnico, di transizione, quello che ci pare. Ma che dia uno stacco di qualche mese di qui alla primavera, faccia magari una nuova legge elettorale meno incasinata. E che permetta alle opposizioni di organizzarsi, e che lascerebbe bollire un po' Berlusconi. Ripeto, elezioni subito, con le televisioni militarizzate, e dovendo improvvisare tutto, sarebbero il suicidio finale del centro centrosinistra sinistra.
Detto questo, gli scenari. Sull'astensione a Caliendo si è profilato un fronte unico centristi sparsi/finiani. Possibile, probabile. La butto lì: legge elettorale a collegi uninominali maggioritari, e tre poli: Berlusconi/Lega, finiani/Udc/Rutelli e ulteriori spezzoni di Partito Democratico, rimanente PD/Sinistra Ecologia Libertà e boh, spezzoni sparsi. E si balla.
In quanto sopra non compare l'Italia dei Valori. E' una variabile. Di Pietro di per suo è culturalmente di centrodestra, moderato. E' solo per la fesseria fatta da Veltroni, che gli ha aperto praterie a sinistra, che vi si è buttato. Ma se SEL e Vendola saranno capaci di fare concorrenza seria a sinistra, e se avesse la possibilità di un'alternativa non berlusconiana, Di Pietro lo vedo probabile a tornare sui suoi passi, e assai disponibile a buttarsi con Fini. Le sue radici sono quelle.
L'altra grande variabile, Vendola. L'"astro nascente" del centrosinistra. Personalmente, da elettore di SEL, convince poco. Troppo personalista, inutilmente retorico. "Potere alla poesia" finché rimane una canzone dei Folkabbestia è un conto, politicamente un altro. E me lo ricordo, che un anno fa con tutti i casini della sua giunta lo si dava per politicamente finito. Poi, il pasticciaccio brutto con Emiliano, Boccia, i franceschiniani pronti a vendicarsi su D'Alema e Bersani, e tocca dare atto dell'abilità con cui ha ribaltato la frittata, con le primarie "Vendola contro tutti". Ma, oggettivamente, senza la desistenza dell'UDC, frutto delle trattative che c'erano state, ce la scordavamo la sua vittoria in Puglia, le Fabbriche e mo' la sua candidatura. Però. Fatto sta che probabilmente è la personalità con più chance, e toccherà giocarsele bene. Quantomeno, una coalizione verrà ricostruita.
Il PD in mezzo, nel fango. Che non riesca a esprimere, a livello nazionale come spesso locale, una personalità in grado di rappresentare tutto il centrosinistra, è grave. Senza voce in tv. Con Bersani che fa, come da sua formazione, il segretario di partito. Mentre, grazie all'ennesima genialata del fu Veltroni, oggi non serve un segretario di partito, ma un leader del centrosinistra. Bellu casino. Con tanti democratici pronti ad appoggiare Vendola, che è antitetico allo spirito, al progetto del PD. Vedremo un po'.

Amici, compagni, passanti, buone vacanze.

18 maggio 2010

Congiuntura di maggio

Congiuntura.
Crisi economica pesante, ancora ben lungi -checché ne chiacchierasse il Governo- dall'essere finita, tant'è che è stato deciso di varare da un giorno all'altro una manovra correttiva da 24 miliardi di euro, quella che sarebbe normalmente una finanziaria pesante. E che si preannuncia fatta da una sfilza di misure antipopolari.
Scandali e malcostume che stanno investendo in pieno il Governo, che hanno già portato alle dimissioni di Scajola, e probabilmente in breve a quelle di Bertolaso.
In tutto ciò, il centrosinistra pensa bene di riaprire le ostilità interne, con Area Democratica che invece di contribuire a rilanciare l'opposizione e la lotta, a Cortona settimana scorsa si è lanciata in attacchi politici pesanti contro la segreteria Bersani.
Della serie, non solo tempo di merda.

29 aprile 2010

Giunta Marini

E' stata presentata sabato la lista di sette assessori componenti la nuova giunta regionale dell'Umbria, a guida Marini. Sette, a cui dovrebbe aggiungersene un altro, esponente di Prc-Pdci.
Oggettivamente, un po' di problematicità ci sono.
E' da premettere la difficoltà della composizione, che deve bilanciare la rappresentanza di partito (e di corrente, per il Pd) con il principio di territorialità.
Sui partiti, gli assessori saranno cinque democratici (Riommi di Foligno, Cecchini di Città di Castello e Rossi di Terni per i bersaniani, Tomassoni del Lago e Bracco di Perugia per i franceschiniani), un socialista, Rometti, di Perugia, e una dell'Idv, Casciari, anch'essa perugina. In più, in attesa di un rappresentante della "sinistra radicale".
Su questo poco da dire, bilanciamento preciso, giusto i "mariniani" del Pd magari si lamentano.
Il problema si pone sulla rappresentanza territoriale. Poco da dire, un solo consigliere su 7 per l'intera provincia ternana è troppo poco.
In parte si intreccia con la scelta dei franceschiniani, Tomassoni invece di Brega.
In parte con le polemiche interne a Rifondazione.
Il Comitato Politico Regionale del Prc ha infatti designato come membro per la giunta Vinti, il segretario regionale. Decisione a maggioranza, contrari importanti esponenti come Goracci e Stufara.
Solo che, in primis Vinti a febbraio polemizzò non poco contro la Marini, appoggiando piuttosto apertamente Bocci alle primarie; in secondo luogo, un quarto rappresentante non di qualche territorio della provincia, ma proprio anch'egli di Perugia, beh, è francamente un po' eccessivo. Ragioni per cui la Marini ha rifiutato il suo nome.
E adesso... problema ancora aperto...

2 aprile 2010

Tornando sull'analisi

Ritorno un attimo sull'analisi del risultato delle Regionali.
La vulgata corrente è quella della grave sconfitta.
Ripeto, non sono d'accordo. Forse partivo con aspettative più ridotte, e quindi la delusione è stata minore. Le Regioni contendibili erano 4. Ne abbiamo vinte solo due. Il Piemonte di pochissimo lo abbiamo perso. Se lo avessimo preso, era tutta un'altra storia. Idem il Lazio, andati vicinissimo alla vittoria, partendo da condizioni, dopo le dimissioni di Marrazzo, in cui ciò pareva impossibile. Certo, alla fine conta il risultato, e seppur di poco non abbiamo vinto, ma non si può trascurare che la sconfitta è stata molto di misura.
Destano abbastanza stupore tutti quelli che adesso rinfacciano e proclamano (magari dopo neanche essersi spesi a fondo per i candidati, come per la Bonino) come sarebbe stato vincerle queste elezioni. L'aria era buona, e qualche passo avanti è stato fatto. Pensare che si potessero sovvertire anni di strapotere delle destre è assurdo.
Comunque, all'interno del Pd, a Franceschini e compagnia sarebbe solo da ricordare che i risultati conseguiti domenica e lunedì, che ora definiscono grave sconfitta, sono piuttosto analoghi a quelli delle Europee dell'anno scorso, che invece in quell'occasione furono considerati così lusinghieri da giustificare la candidatura alla segreteria del partito...

31 marzo 2010

Elezioni regionali 2010: analisi

E' il caso di affrontare la pagina politica, che non pochi sono i temi all'ordine del giorno dopo le Regionali.
Partiamo dall'analisi dei risultati.
Le regioni contendibili erano solo quattro: Basilicata, Marche, Umbria, Toscana ed Emilia Romagna erano, anche grazie, come qua in Umbria, all'insipienza dell'avversario, sicure per il centrosinistra; Lombardia e Veneto, più Campania e Calabria (e per queste non è forse neanche un male tirarsene fuori dalla gestione) erano sicure al centrodestra; rimanevano quindi, a fare la differenza, Lazio, Puglia, Piemonte e Liguria. Se il centrosinistra fosse stato in grado di vincere in tutte e quattro, sarebbe stata una grande vittoria; vittoria se tre su quattro; risultato moderatamente positivo, se, come è successo, pareggio. Il bicchiere insomma è mezzo pieno. Seppur piccolo, un passo avanti è stato fatto. Insomma, se per 10mila voti il Piemonte non fosse andato a Cota, oggi staremmo a parlare di un'altra situazione. Grossa quindi l'incazzatura verso i voti persi a favore del candidato "grillino", suicidio politico, o tagliarsi le palle da soli, come qualcuno ha sinteticamente definito, per 50mila votanti. Anche per il Lazio peccato, lo si è mancato di poco. Ottime vittorie in Liguria, e soprattutto in Puglia invece. Insomma, nella valutazione complessiva, fermo restando che alla fine il risultato è quello che conta, prima di fare processi bisogna tenerlo a mente che si è sfiorata la grande vittoria.
Dati negativi. La Lega Nord, grande vincitrice di questa elezione. Due presidenti di regione, avanzamento (anche estremamente consistente come in Emilia Romagna) in molti territori non "tradizionali". In Umbria un consigliere regionale porca miseria. E' grave, è la prova del definitivo sdoganamento nazionale da parte dell'elettorato destroide (e non solo). Le istanze della Lega stanno diventando le istanze di gran parte del paese. Pessimo segnale. L'avanzamento dell'Italia dei Valori e del suo opportunismo, e dell'antipolitica in genere. Il cattivo risultato dell'Emilia Romagna. Le Sinistre sostanzialmente al palo in tutta Italia. Di base, si sta affermando una sensibilità comune in cui i valori della Sinistra sono estranei. E non potrà mai essere il Partito Democratico la risposta.
Dati positivi. Pochi assolutamente positivi. La Puglia forse. Ma, di nuovo, ogni minimo passo avanti, specie considerando la situazione di qualche mese fa, è un dato positivo. In più, seppur bilanciato molto negativamente dalla crescita della Lega, il dato del Pdl: estremamente basso, poco sopra il PD, segno che oggettivamente il Berlusconismo è in crisi, e sta facendo il suo corso. Magari trovando soluzioni ed evoluzioni a destra, ma intanto la crisi c'è.
Altre cose sparse.
Nichi Vendola. La diffidenza verso un leader, a sinistra, rimane fortissima. Ma il modo da cui è uscito dalla crisi delle inchieste dell'anno scorso alla Regione Puglia, ha vinto le Primarie, ha gudagnato consenso trasversale e ha rivinto le elezioni lo fanno diventare una speranza per il domani. Una speranza di alternativa, di sinistra, per la leadership di una colazione che a oggi manca.
Partito Democratico. Risultato discreto. Di più difficilmente si poteva ottenere. Bersani deve andare avanti. Cambiare passo di sicuro, lasciar perdere la stronzata del dialogo privilegiato con l'Udc, e proseguire il cammino unitario. Questa è di fondo la differenza con la minoranza del partito, il proporre una prospettiva politica per il futuro. Le polemiche di gran parte di Area Democratica, secondo cui sarebbe stata una disfatta (ingiusto, come anche Chiamparino ha rimarcato) sono ingenerose. Specie alla luce della condotta che dopo il congresso la minoranza francheschiniana ha tenuto. Si veda l'Umbria ad esempio. Con la polemica autodistruttiva fino all'ultimo.

5 febbraio 2010

Lo schifo del Pd umbro per le Regionali (bis)

'Ste primarie per l'Umbria stanno facendo seriamente girare le scatole.
Per chiarire, a votare non ci vado, che non appoggio nessuno dei due candidati e tutto ciò che c'è stato dietro non merita di essere graziato dal "bagno purificatore" delle primarie.
Ma quello per cui sto sviluppando un astio profondo è Gianpiero Bocci. Un paraculo, non c'è altro modo di definirlo, che non merita di essere candidato alle Regionali. Anzitutto il giochino condotto dalla sua mozione per eliminare dal campo la Lorenzetti, appoggiando (per poi bruciarlo) Agostini con la sua richiesta delle primarie, contro un'ipotesi del terzo mandato. E adesso le manovre per lisciare il pelo e cercare voti nell'elettorato fuori dal Pd. Rifondazione ha infatti proposto un proprio candidato, il sindaco di Gubbio Goracci, e chiede primarie di coalizione. Sarebbe cosa assai opportuna, e molto più sensata delle primarie che il Pd farà dopodomani. Ma tali primarie di coalizione resteranno quasi sicuramente una mera richiesta, che non si possono organizzare primarie ogni fine settimana, pretendere che la gente ti venga a votare, il tutto concludendosi a meno di una settimana dalla presentazione delle liste per le Regionali. Le aperture che adesso fanno la Marini e Bocci in tal senso sono quindi del tutto strumentali (e la candidatura di Goracci si risolverà anch'essa solo in una carta per Rc per giocare al rialzo nella composizione delle liste). Ecco, in tutto ciò Bocci si sta contraddistinguendo particolarmente. Di provenienza e cultura centrista, gioca a fare e a presentarsi come il sinistrorso, il Vendola umbro, e si lancia in sperticate quanto infondate dichiarazioni d'amore verso le primarie di coalizione e Rifondazione Comunista (la cui dirigenza sotto sotto gli tiene il gioco).

Un'altra cosa. C'è da constatare con amarezza come la nascita del Partito Democratico abbia portato un fortissimo esasperarsi dei personalismi e del correntismo, a danno della politica fatta sul territorio e della partecipazione democratica. Non dico che nei Democratici di Sinistra queste cose fossero del tutto assenti, ma di fondo c'era un'altra concezione del Partito e del fare politica. Bell'affare.

2 febbraio 2010

Lo schifo del Pd umbro per le Regionali

Parliamo della farsa grottesca in cui si è cacciato il Partito Democratico umbro per la scelta del candidato alle Regionali.
Settimana scorsa si diceva come, eliminata dai giochi per questioni essenzialmente correntizie, il Pd si fosse ritrovato a corto di candidati autorevoli, e si stesse dibattendo nella ricerca di un "candidato condiviso". Il tutto, con la spada di Damocle delle primarie sulla testa, a causa della candidatura del veltroniano Agostini, che pur non godendo risaputamente del consenso di gran parte dei suoi compagni di corrente, i franceschiniani di Area Democratica, col loro silenzio-assenso s'è candidato, andando così a bloccare una soluzione politica del terzo mandato alla Lorenzetti (indubbiamente il minore dei mali, nell'attuale situazione politica).
E' così che sono state indette le primarie, all'interno del Pd, per il 7 febbraio, una settimana a ridosso della presentazione delle liste per le regionali, e ad Agostini si sono aggiunti l'ex sindaco di Todi Catiuscia Marini, e Gianpiero Bocci. La prima, di area bersaniana, è notoriamente in un filo di continuità con la Lorenzetti, , e dopo la sua seconda sindacatura Todi è stata conquistata dalla destra; il secondo, proveniente dal mondo clientelare delle comunità montane e dal consiglio regionale, era uno dei capibastone della Margherita umbra; oltre all'appoggio di quasi tutti i franceschiniani, dovrebbe poter trovare appoggi anche in altri settori del partito.
Tempo due giorni, e ieri Agostini ha annunciato con comunicati di fuoco il ritiro della sua candidatura, accusando Area Democratica di averlo strumentalizzato e illuso per poi scaricarlo a favore di Boccia. Mah! La cosa puzza, che se veramente un politico di lungo scorso come Agostini è stato così ingenuo da ignorare una situazione di fatto (ossia che era inviso a larghissima parte del partito, e alle primarie non avrebbe certo avuto il sostegno neanche della sua area) c'è veramente da preoccuparsi. Comunque. A conti fatti, quella che è evidente è la manovra politica spregiudicata che è stata fatta per portare avanti Bocci. Appoggiare chi si è impuntato per primarie ridicole, al solo scopo di mettere fuori gioco quello che era il candidato più autorevole e sostenuto da tutto il resto del centrosinistra. Poi, ottenuto l'obiettivo, sacrificarlo pure Agostini, e concentrarsi su Bocci contro una brutta replica della Lorenzetti. Queste sarebbero le primarie umbre, il preteso esercizio di democrazia in cui un partito incapace di trovare un buon candidato condiviso, dopo mesi di manovre e lotte di potere pretende di chiamare elettori e simpatizzanti a scegliere tra due candidati mediocri.
Ciò poi tutto in sprezzo al resto della coalizione di centrosinistra, che ha a lungo riconosciuto quella che era la logica pretesa del Pd di esprimere il candidato alla presidenza della Regione. Vedendo il pantano in cui si è invece cacciato e la manifesta incapacità politica, bene ha fatto Rifondazione Comunista a candidare il sindaco di Gubbio Orfeo Goracci, e a chiedere le primarie di coalizione. Queste avrebbero un senso. Ma saranno parole al vento.
E non resta che vedere che succederà domenica, e sperare che lo schifo che è avvenuto in questi mesi non trapeli troppo e nei dettagli nell'elettorato.

27 gennaio 2010

Lo sfascismo del Pd umbro per le Regionali (e l'insipienza delcentrodestra)

Vista la situazione che permane di stallo, si commenta il bordello in cui s'è cacciato il Partito Democratico in Umbria per la scelta del candidato alle regionali, che merita.
In Puglia il dissidio, di tutto il centrosinistra, aveva in fondo una giustificazione politica.
In Umbria non ci sono scusanti. Il Pd, che non c'ha problemi di fare alleanze strane con l'Udc, e a cui tutti i partiti del centrosinistra hanno delegato la scelta del candidato alla presidenza della regione, non è assolutamente in grado di trovare un candidato condiviso e di spessore. Tanto che la proposta migliore fatta in queste settimane è stata il terzo mandato (dietro necessaria deroga) della presidente uscente Maria Rita Lorenzetti. Che 15 anni sì diventano troppi, ma in mancanza di meglio (e come sarà in Emilia Romagna con Errani) almeno conosce bene la Regione Umbria, e non ha certo lavorato male. Al che però interviene lo spirito sfascista di quella parte del Pd che non ha ancora accettato che il congresso sia finito, e per cui tanto peggio tanto meglio. Via allora a ricorsi, statuti e commissioni di garanzia (sospettate di non garanzia tra l'altro). Si blocca la candidatura della Lorenzetti, e ci mette il carico Mauro Agostini. Costui, noto essenzialmente per essere un fedele veltroniano, da cui venne fatto all'epoca tesoriere nazionale del Pd -incarico di cui si ricorda soprattutto il libro che scrisse contro i suoi predecessori, tesorieri di Ds e Margherita-, forte dell'appoggio di alcuni  "giuristi" che il Partito Democratico è riuscito a porre tra le sue guide politiche, s'è candidato, al momento da solo, a delle primarie di partito che nessuno vuole e che verrebbero usate solo in funzione ostile contro un'altra parte del partito. Perché questo è il punto fondamentale, c'è solo una lotta tra frazioni del partito, a prescindere dalle valutazioni politiche o di semplice opportunità.
Davvero, si sta facendo un casino che rischia di avere conseguenze pesantissime. Non ci si può permettere di giocare sull'Umbria, in questa difficile situazione politica.

Una nota a parte però merita il centrodestra. Che qui si vede chiaramente come abbia una classe politica assolutamente inadeguata (tante cose si possono dire sul sistema di potere del centrosinistra in Umbria, ma si rimane comunque un passo avanti a loro). Potrebbero sfruttare questa situazione criticissima del centrosinistra, trovando per tempo un candidato autorevole come è stato l'anno scorso Baldassarre a Terni, fare una buona campagna elettorale, e quest'anno potrebbero seriamente giocarsela. Invece no, giocano di rimessa, aspettano le scelte del Pd, nel frattempo vengono ventilati nomi tutti improbabili e di scarso profilo, e insomma stanno sprecando l'occasione della vita.
Meglio così.

25 gennaio 2010

Esultanze democratiche

Un tantino sconcertato dall'esultanza di tanti democratici per la vittoria di Vendola, rappresentante delle sinistre, alle primarie di coalizione in Puglia.
Quegli stessi democratici giubilanti, che non dissero mai nulla quando le sinistre venivano emarginate, e si approvavano leggi che impedivano di riuscire a ottenere una rappresentanza ai parlamenti nazionale ed europeo...
Lo spirito unitario e di partito all'interno del Pd riserva sempre sorprese.

[fuori dalle righe, il consenso dato a Vendola da larghi settori del Pd in esclusiva ottica anti-dalemiana e quindi anti-bersaniana beh, è abbastanza preoccupante per loro]

22 gennaio 2010

Understatement comunicativi

Un discorso che si sente fare spesso, in questi giorni di difficoltà politiche evidenti del Partito Democratico, è la lamentela sulla scarsa presenza e visibilità del segretario Bersani (tranne che quando c'è bisogno di polemizzare, come settimana scorsa al "caminetto", in cui le minoranze l'hanno accusato di scarsa collegialità... ma vabbe').
In parte sicuramente è vero, non si sta certo muovendo al meglio, delle responsabilità della segreteria nazionale in tutti 'sti casini ci sono.
In parte, non c'è un sistema televisivo favorevole che ti concede visibilità, e anche la carta stampata di larga diffusione, il gruppo Repubblica, non è particolarmente affine alla segreteria Bersani.
In parte, concentrandoci sulla poca visibilità, Bersani però l'aveva anche preannunciato in un'intervista di qualche settimana fa, quando ha sostenuto che avrebbe rilasciato dichiarazioni e sarebbe andato in televisione solo quando necessario. Una scelta voluta di understatement.
Che poi, andando con la mente solo fino a pochi anni fa, la sovraesposizione mediatica del segretario di un partito, cui ci siamo rapidamente assuefatti, è roba recente. E' da quando Veltroni è diventato segretario, ed è cresciuto esponenzialmente nei mesi di Franceschini, che ci si è abituati a vedere ogni giorno il segretario in televisione a esternare e rilasciare dichiarazioni (che per come si svolge la vita politica oggi, e con l'importanza della televisione, in parte senza dubbio ha degli aspetti positivi). La linea "comunicativa" tenuta da Bersani e la sua concezione della segreteria non è dissimile da quella che era la norma fino a Fassino.

12 gennaio 2010

Acidità democratiche

Ci si stava ricordando poc'anzi di tutte le lamentele di certi democratici su come Veltroni fosse stato logorato dai suoi compagni di partito fin da subito, di come comunque fossero andate le primarie il giorno dopo tutti come un sol uomo dietro al vincitore, anche se fosse stato Bersani etc.
E si confrontava tutto ciò con la continua guerra di posizione, che come nel caso Agostini-Lorenzetti qua in Umbria (o l'ostilità alla Bonino in Lazio) potrà portare a gravissime conseguenze, che l'area franceschiniana sta continuando a condurre nonostante che il congresso/primarie, tenutosi su toni caldissimi essenzialmente per causa loro, sia finito in modo estremamente chiaro ormai tre mesi fa.

[sempre per rimanere in casa democratica, alcuni della minoranza commentano con una certa soddisfazione la dichiarata ricerca dell'alleanza con l'Udc, perché sarebbe la riprova dell'errore della sinistra, interna o esterna al Pd, che ha scelto Bersani, e che così impariamo (prima persona perché anch'io ci rientrerei). Da commentare solo come l'alleanza con l'Udc sia purtroppo una scelta di realismo, il necessario sbocco della politica velleitaria del "correre da soli", se non di base della nascita del Pd stesso, che se si passa dal ricercare un'alternativa di sinistra al ricercare un'alternativa di centrosinistra, inevitabilmente sposti a destra l'asse politico; e almeno Bersani l'aveva dichiarato chiaramente in campagna elettorale, senza le reticenze e le posizioni variegate che c'erano dietro Franceschini a tal proposito]

Scusate l'acidità, ma ogni tanto tocca farla scappare fuori.

22 dicembre 2009

Dalemismo bis - inciuci

L'altro giorno, in merito alle discusse dichiarazioni di D'Alema in tema di inciucio, m'è parso il classico caso del Dalemismo, come lo si intendeva qualche tempo fa. Ossia, magari il nostro dice cose non condivisibili, però porca miseria come le dice bene, che classe sempre! Come l'altro giorno, che ritirava fuori la polemica togliattiana contro la cultura azionista. Ahhhh!

Andando poi a cercare di rileggere con un po' più di attenzione le dichiarazioni incriminate e il contesto (ci si è affidati a l'Unità che dovrebbe essere fonte abbastanza affidabile su quel che riguarda le vicende democratiche), andando oltre le sole reazioni altrui su cui si è imperniato il dibattito, ci si è fatti l'idea che c'avesse anche abbastanza ragione, e che ci si sia montato un caso su in maniera piuttosto strumentale. Di fronte alle perplessità della minoranza del Pd di fronte alla disponibilità del partito di cercare un dialogo sulle riforme (premetto subito, a me anche sa una grande fesseria ostinarsi a cercarlo, che non si caccerà mai un ragno dal buco, essendo altre le preoccupazioni del centrodestra, che periodicamente usa il tema del dialogo per cercare, riuscendoci, di mettere in difficoltà il centrosinistra, e lo si vede dalle premesse, le ipocrite richieste di un "patto democratico" che mira solo a frammentare e isolare fra loro le forze di opposizione; lieto di vedere che anche Veltroni se ne sia accorto, dopo che ha passato mesi e mesi a teorizzarlo questo famoso "dialogo"), ha risposto osservando come il compromesso in sé non è una cosa dannosa, ma spesso utile e necessaria. E come alle volte, in nome di una cultura come quella azionista che rischia di essere solo massimalismo, si rifiuti a priori ogni compromesso in nome di una presunta purezza dei principi, magari additando ogni possibilità di compromesso sprezzantemente come inciucio.

Il discorso è questo. Cose tutte piuttosto pacifiche, di buon senso. Poi si può discutere se calandoli alla situazione odierna questi principi siano in grado di essere applicati. Opinione personale, scritta sopra, è molto scettica. Però su questo è da discutere, mentre le dichiarazioni di D'Alema sono state estrapolate, trasformate in un "D'Alema elogia l'inciucio con Berlusconi sulla giustizia" in maniera estremamente strumentale, per fare bassa polemica anche all'interno dello stesso Partito Democratico.

5 dicembre 2009

No B Day

Vabbe' che è in corso, ma meglio tardi che mai.
Fin dall'inizio, diversi sono stati gli elementi di scetticismo su un No Berlusconi Day.
Anzitutto il ricordo di come 3 anni fa, il 02/12/06, la Casa delle Libertà organizzò una manifestazione piuttosto simile, in cui si chiedevano le dimissioni di Prodi e di un governo con fiducia parlamentare. La criticammo duramente, per la totale assenza di una piattaforma politica, ridotta a un no a Prodi uomo delle tasse.
Mo', solo perché al posto di Prodi c'è Berlusconi delinquente non è che si possa cambiare del tutto l'opinione su un tale tipo di non proposta politica. Non si può ridurre il lavoro di opposizione die di costruzione di un'alternativa a un generico "No a Berlusconi"; anche questo è necessario, ma da solo è riduttivo, e senza proposta politica l'antiberlusconismo non è che abbia mai portato a granché, anzi.
In più ci si metta una certa diffidenza verso lo spontaneismo politico, e il ricordo della cagnara di Piazza Navona a luglio dell'anno scorso.
Col passare delle settimane il giudizio si è modificato, e si è presa seriamente in considerazione l'idea di andarci. La manifestazione della Cdl venne organizzata appunto da un'alleanza politica, oggi non è così. La piattaforma politica carente, ma che comunque è stata parzialemente arricchita, è assai più giustificabile. Ciò presuppone che sia seriamente apartitica. E perciò è corretta la scelta del Pd di non sabotare, ma neanche aderire ufficialmente. Che appunto il valore aggiunto della manifestazione è quello di poter essere aiuto autonomo alla causa comune, e le adesioni di partiti denotano in primis scarsa autorevolezza politica, e poi voglia o di facile visibilità o di polemiche egoistiche.

13 novembre 2009

La svolta della Bolognina. Un'analisi, 20 anni dopo

A conclusione della serie degli anniversari pesi, 20 anni fa, il 12 Novembre 1989, il segretario del PCI Achille Occhetto annunciava nel corso di una riunione presso la sezione Bolognina a Bologna la decisione di cambiare il nome del Partito. Iniziava, con la cosiddetta "Svolta della Bolognina", il processo che ha portato allo scioglimento del Partito Comunista Italiano, alla nascita del Partito Democratico della Sinistra, e la scissione del Partito della Rifondazione Comunista.
A 20 anni di distanza, si può vedere ormai la questione in un'ottica abbastanza storica. La Svolta maturò due giorni dopo il crollo del Muro di Berlino, in mesi frenetici in cui si ridisegnarono tutti gli assetti e gli equilibri mondiali, in seguito al rapido declinare del "socialismo reale". Ci si proponeva, la prima di una serie di volte, di andare oltre, oltre l'identità comunista, non ritenendo più certe chiavi di lettura adeguate al contemporaneo.

La risposta della mozione che uscì fondando Rifondazione, era e rimane sbagliata, essendo nata su letture della realtà assolutamente irrealistiche.
Però una soluzione intermedia era da ricercare. Il dubbio che all'epoca si commise uno sbaglio di proporzioni storiche è forte. Specie vedendo a posteriori il fallimento del progetto PDS-DS, fino ad arrivare alla triste realtà attuale del Partito Democratico. Se non si fosse sciolto il PCI sarebbe andata ancora peggio di com'è andata in questi anni, ci saremmo ridotti a un relitto residuale della politica? Mah. Si è rinunciato, di fondo, all'idea di critica del presente, e alla speranza e volontà di fare un mondo nuovo e migliore. E la scelta di 20 anni fa, più tante altre sbagliate nel corso degli anni, di liquidare il comunismo italiano, ha significato la dispersione del grande, unico, patrimonio politico e culturale che ha rappresentato l'esperienza del Partito Comunista Italiano.

Un po' di repertorio iconog
rafico pidiessino e memorabilia.

21 ottobre 2009

Al Dipartimento Comunicazione del PD

Per il Dipartimento Comunicazione del PD. 
Lucrezia, la picchia delle primarie 2007, è un altro passo rispetto a una molletta da bucato.

28 luglio 2009

Polemiche e tessere

Due cose politiche appena passate.
La pretesa di Beppe Grillo di iscriversi al Partito Democratico, dopo che ha passato buona parte degli ultimi anni, tra altre cose magari meritevoli, a gettare merda sull'intero centrosinistra italiano. L'iniziativa non c'è bisogno di commentarla, è anche una questione di dignità personale l'asternersi dal far politica in certi modi. Sul discorso invece secondo cui il Pd -o un altro partito- sia tenuto a tesserare chiunque ne faccia richiesta. Un partito politico ha anche la possibilità di derogare le norme lavoristiche che impediscono le discriminazioni sulle opinioni politiche dei dipendenti: figuriamoci quindi se non si può applicare discrezionalità su una richiesta di iscrizione. 'Va, l'unica cosa per cui magari valeva la pena dargliela la tessera a Grillo, era per levarsi il gusto di poterlo espellerlo il giorno dopo. Ma il centralismo democratico non va più troppo di moda...
La stupidità della polemica dipietrista: dopo i pesanti rilievi critici mossi da Napolitano al pacchetto "sicurezza" del Governo, è riuscito a farli passare in secondo piano, per lanciarsi invece in attacchi alla Presidenza del Consiglio. Dato che non è così cretino dal non capire che così riusciva nell'impresa del togliere dall'imbarazzo il Governo dirottando l'attenzione, l'unica motivazione politica della polemica è la continua ricerca di visibilità, senza un briciolo di progettualità che non sia la ricerca di qualche spazietto in più conquistato ai danni di tutti coloro che se non alleati sono almeno compagni di opposizione.